“Dobbiamo chiedere ai Comuni di applicare una nostra circolare che permette di far lavorare gratis i migranti” ha detto oggi il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, al termine della Conferenza unificata. L’affermazione è scandalosa per molti motivi, anche se mi rendo conto che, trovandoci ormai immersi in un perenne stato di eccezione, abbiamo perso la capacità di stupirci o di indignarci. In ogni caso, seppur in modo anacronistico, io proverò a spiegare le ragioni per cui ritengo scandalose le parole del ministro.
Il primo motivo risiede in una questione, per così dire, di “metodo”, di “forma”, ma che è incredibilmente rivelatrice del livello del razzismo istituzionale in Italia e del degrado della democrazia tout court. Il riferimento è all’uso di strumenti para-normativi nel governo dei fenomeni sociali. Il fatto che il ministro consideri norma da “applicare” un suo ordine, ovvero l’ordine contenuto nella circolare che porta la sua firma, ha dell’incredibile. Ma che cosa porta il ministro a considerare fonte di diritto pubblico un suo ordine? Molti fattori.
In primo luogo, il fatto che – da sempre – l’immigrazione in Italia è prevalentemente governata tramite circolari (ciò accadeva apertamente prima della prima legge sull’immigrazione e accade ancora oggi, che di leggi se ne producono in modo convulso) e, quindi, ad un certo punto, chiunque, pure un ministro, a quanto pare, può convincersi o arrivare a pensare che sia normale operare e governare in questo modo.
In secondo luogo, perché le riforme attuate a livello istituzionale negli ultimi 25 anni, tendono a rafforzare il dominio del capo a scapito dei luoghi assembleari (basterebbe citare qui la nuovissima legge elettorale, o il disegno di legge sulla scuola, ma il fenomeno ha radici lontane e riguarda l’intera organizzazione dello stato e della pubblica amministrazione) e, di conseguenza, spingono a stabilire dentro gli organi dello Stato, specie dentro quelli esecutivi, un regime di tipo feudale, ovvero un regime dove a contare sono i desideri e le decisioni del sovrano.
Mi si dirà che la sto facendo lunga, che sto a sottilizzare troppo, che le circolari sono comunque fonti secondarie del diritto e che, in fondo, è giusto considerarle norme da applicare. Mi spiace deludervi, ma da un punto di vista formale le circolari non sono fonte di diritto pubblico, non sono neanche fonte di tipo secondario, che sia chiaro! Lo dice l’ordinamento italiano, lo dice la giurisprudenza e lo dice anche la dottrina. Soltanto durante il fascismo, parte della giurisprudenza e della dottrina affermavano che le circolari di Mussolini, o dei suoi ministri, dovevano essere considerate norme giuridiche a tutti gli effetti, aventi cioè forza di legge.
Per ricapitolare, dunque, i desideri o gli ordini espressi dal ministro nella circolare da egli citata, stante in vigore l’ordinamento attuale, non hanno alcun valore di legge e nessuno è tenuto ad applicarli. Anzi, stando alla giurisprudenza del Consiglio di Stato, ci sarebbe l’obbligo di disapplicazione, da parte di tutti gli operatori della Pubblica amministrazione, quando in evidente contrasto con le leggi (ovvero fonti normative di rango primario).
E questo è proprio il caso. Qual è la norma giuridica in vigore che consente l’impiego gratuito di lavoratori in Italia? Qual è la base giuridica del ragionamento o dell’ordine del ministro? Che piaccia o no, caratteristica fondamentale del lavoro subordinato, in base all’art. 2094 c.c., è il nesso tra la prestazione resa dal lavoratore e l’obbligo, per il datore di lavoro, di corrispondere una retribuzione adeguata. Poiché, dunque, il lavoro dipendente si presume oneroso, nell’ordinamento italiano la figura del lavoro gratuito non è, in via generale, ammessa. Potrebbe considerarsi legittimo solo se ricorre un interesse rilevante del prestatore, che eventualmente può consistere nella solidarietà, ovvero in un vincolo di cortesia. In altre parole, soltanto se i lavoratori vogliono fare volontariato. Punto.
Le politiche che vengono testate inizialmente sugli immigrati, è sicuro, verranno poi estese a tutti. Ce lo dice la storia e l’esperienza. Cioè, imporre oggi, per circolare, il lavoro gratuito agli immigrati, significa aprire la strada al lavoro gratuito per tutti. Opporsi alla barbarie inflitta sugli immigrati significa difendere i diritti di tutti.