Il primo cittadino di Castenaso e l'ex coordinatore regionale del Carroccio hanno depositato il marchio "Prima Bologna" alla Camera di commercio mesi fa. Il democratico minimizza: "Siamo amici, lo abbiamo fatto per evitare che lo prendesse Salvini". Ma il collega: "Dietro c'è una strategia"
Il sindaco Pd di Castenaso ha depositato alla Camera di commercio un marchio a doppia firma con l’ex segretario bolognese e coordinatore regionale della Lega Nord. Insieme nello stesso progetto il renziano e primo cittadino Stefano Sermenghi e Manes Bernardini che nel 2014 ha rotto con il Carroccio e ha fondato “Insieme Bologna“. Prove tecniche del “partito della nazione” del presidente del Consiglio anche a sotto le Due Torri? Sembrerebbe proprio così.
Le spiegazioni dei due politici – amici da vent’anni – però non coincidono del tutto. Sermenghi nega decisamente di voler uscire dal Pd: attualmente è l’unico competitor del sindaco Pd Virginio Merola per il bis del 2016 e, nel caso in cui il voto del 35% dei circoli Pd decidesse per le primarie, l’unico sfidante uscito finora allo scoperto. “Con Bernardini – spiega – siamo amici dai tempi della facoltà di Legge e tuttora usciamo insieme. Abbiamo depositato il marchio ‘Prima Bologna’ per impedire che lo facesse la Lega, visto che nei suoi slogan usa sempre la parola ‘prima’”. Ma Bernardini, pur confermando la spiegazione di Sermenghi, abbandona la prudenza e anticipa che la nascita di “Prima Bologna” potrebbe essere il preludio alla creazione di una lista civica per le amministrative bolognesi 2016. “Il fatto che abbiamo registrato insieme il marchio non è capitato per caso. Ha un significato. Dietro c’è un ragionamento, un dialogo e una strategia. In futuro potrebbe rivelarsi una scelta fondamentale”. Poi aggiunge: “Vedremo cosa succederà al tavolo della politica bolognese. Le parole ‘Prima Bologna’ possono sintetizzare un programma elettorale e rivelarsi fondamentali anche per la nascita di una lista civica per il 2016. Io e Sermenghi condividiamo molti valori e il modo di porci verso i problemi di Bologna”. Ad esempio – spiega – “combattere per la sicurezza e contro il degrado, voler rilanciare la città e mettere i problemi dei bolognesi davanti a quelli degli altri, anche nell’accesso al welfare”.
Il binomio Sermenghi-Bernardini non è inedito: a novembre 2014, il sindaco renziano si era confrontato sui temi di sicurezza e degrado nel palazzo del Comune di Bologna, invitato da Bernardini insieme al ribelle della Lega, Flavio Tosi. Un appuntamento che aveva fatto perdere le staffe al Pd e non era piaciuto al padrone di casa, il sindaco Merola, che non era stato invitato. “Io ho l’approccio alla politica di Renzi – aveva spiegato Sermenghi in quell’occasione –, devo andare a bussare anche dove non c’è il mio bacino elettorale”. Un mese circa prima dell’incontro (ma questo si è saputo solo ora) Sermenghi e Bernardini avevano registrato il marchio “Prima Bologna”. Insomma, l’obiettivo di Sermenghi è quello di sfidare Merola ma se le primarie non si facessero, il marchio “Prima Bologna” potrebbe diventare una lista civica che raccoglierebbe i voti dei leghisti e dei renziani delusi. Sarebbe una svolta dolorosa, visto “l’alto grado di renzismo” del primo cittadino di Castenaso che, nella sua giunta, schiera anche la sorella del presidente del Consiglio, Benedetta Renzi.
Intanto il Pd emiliano non ha preso bene l’ennesima fuga in avanti di Sermenghi. “Non vuole lasciare il partito ma ha l’impostazione di Renzi, quella del partito della Nazione: dentro tutti, anche la destra” commentano, piccati, a taccuini chiusi da via Rivani, sede dei democratici bolognesi, aggiungendo che non considerano il sindaco di Castenaso un competitor pericoloso per Merola. In realtà, il sindaco uscente di Bologna sembra avere l’appoggio del partito solo ufficialmente. Dietro le quinte, il Pd sarebbe contrario al suo bis (fra gli altri – si dice – anche il governatore Stefano Bonaccini) così come lo sarebbe, dicono nei corridoi del partito, metà del gruppo dem in Consiglio comunale. A questo punto, il nome che potrebbe mettere tutti d’accordo nel Pd rimane solo quello del rettore uscente dell’Alma Mater, Ivano Dionigi, che Renzi dal palco della Festa dell’Unità ha elogiato nel suo discorso.