Ma dato che lo slogan rientrava, insieme a qualche altro migliaio, tra quelli brevettati dallo statista di twitter, le associazioni di tutela dell’ambiente e della salute pubblica più importanti del paese avevano ripiegato su un più modesto “#neancheunavirgola”.
Questo era l’appello che esse avevano lanciato alla Camera dei deputati: il ddl all’esame di questo ramo del Parlamento per la seconda volta (dopo la prima positiva lettura risalente all’ormai remoto febbraio 2014) avrebbe dovuto esser approvato senza che gli fosse cambiata neanche una virgola, per l’appunto, rispetto al testo licenziato dal Senato due mesi fa, sì che questa approvazione, di una legge che si attende da quasi trent’anni, fosse quella definitiva.
Purtroppo per loro, le associazioni ambientaliste non dispongono del potere di imporre voti di fiducia al Parlamento per far diventare un hashtag legge dello Stato.
E, purtroppo per tutti noi, la tutela dell’ambiente italico nella scala di valori di questo frizzante, ma non per questo meno autorevole, esecutivo occupa un posto assai lontano, verso il basso, da quello dell’Italicum.
A completamento di questo scenario già di suo poco esaltante per le prospettive per il provvedimento legislativo in questione, poi, v’è il dato per cui la medesima difesa dell’ambiente è ampiamente sopravanzata, in quella stessa gerarchia di priorità governative, da altri “valori”. Tipo gli interessi dei petrolieri, messi in pericolo da una norma introdotta dal Senato, il divieto, penalmente sanzionato, del cosiddetto “air gun”, la tecnica per la ricerca di idrocarburi in mare con esplosioni ad aria compressa.
Il combinato disposto di tutti questi fattori ha prodotto l’effetto più logico durante la votazione di due giorni fa alla Camera: con la fattiva collaborazione del governo, in particolare del Presidente del Consiglio e di quello che risulta il Ministro dell’Ambiente (i cui principali titoli di competenza in materia ambientale, stando a quello che si legge nella sua pagina ufficiale sul sito del Ministero da lui diretto, sono l’aver svolto “consulenza fiscale, civilistica e societaria per primarie società ed istituti di credito”), l’apposita maggioranza ha soppresso l’esecrata norma.
E poco cale a questo esecutivo e alla medesima maggioranza che la tecnica in questione sia duramente stigmatizzata da ampi settori della comunità scientifica per la sua “enorme impronta ambientale”; tanto che 75 scienziati statunitensi hanno rivolto, due mesi fa, al presidente Barack Obama un appello perché vieti il ricorso a questo strumento lungo le coste Usa del medio e del sud Atlantico: per la ragione che esso comporta “un rischio inaccettabile di danni seri alla vita del mare a livello di specie e di popolazioni, la cui piena entità sarà pienamente compresa solo molto dopo che il danno sarà stato fatto.”
Come sempre, però, in Italia, specie a livello di “classi dirigenti” (per così dire), la situazione è grave ma non è seria, per mutuare la celeberrima intuizione del grande Flaiano: nonostante il livello della questione, infatti, secondo il Ministro della Giustizia l’emendamento che, in Senato, aveva introdotto il divieto di air gun nel ddl sugli ecoreati era nient’altro che “una polpetta avvelenata”.
È una rivelazione confortante per le sorti della tutela dell’ambiente e della salute dei cittadini di questo paese e ulteriormente nobilitante per molti loro rappresentanti istituzionali.
Specie in considerazione del fatto che il ddl sta tornando proprio in Senato, dove i numeri e le “sensibilità politiche” sul tema, e dunque le prospettive per il provvedimento, risultano, se possibile, ancora meno rassicuranti.
Tutto ciò mentre da altre, acute, fonti di natura ambientalista si continua a propalare la tesi per cui questo ddl conterrebbe “norme vergogna”, come l’ormai famigerato “disastro ambientale abusivo”, che sarebbe né più e né meno che un salvacondotto ai grandi inquinatori rispetto ai disastri passati, presenti e futuri da questi causati.
Teoria che, specie in alcune sue perspicue “riduzioni” politiche e giornalistiche, possiede la stessa credibilità scientifica di quelle su scie chimiche e fenomeni paranormali affini. L’unica seria speranza per la tutela dell’ambiente italiano è che questo, a forza di ricevere polpette avvelenate, si mitridatizzi da solo.
Alla coscienza civile di questo paese, purtroppo, l’esperimento è andato male: le continue dosi di veleno che le sono state inoculate nel tempo le sono risultate fatali.