Dopo il coro unanime di elogi per l’Expo, cui si è accodato recentemente anche il tradizionalmente ostile “The Economist”, Matteo Renzi torna a tessere i fili della sua narrazione: chi non è d’accordo è “un frenatore”, l’Italia si rimette in moto “perché le vogliamo bene” e perché a fermarla non bastano “quattro teppistelli figli di papà, né chi dice sempre no”. Ma se a Venezia le voci di dissenso sono poche e facili da ignorare, a Bologna la polizia è costretta a manganellare i contestatori che vogliono interrompere il comizio del premier. Eppure la celebrazione per i 70 anni dalla Liberazione va avanti, così come la riforma della scuola, nonostante i manifestanti che fischiano e accusano Renzi di portare avanti politiche di destra. Il premier continua a correre e arriva a Milano, dove è atteso per il debutto in Borsa e trova consensi: “Contraddittorio?” domanda Enrico Marchi, presidente del gruppo SAVE “fino a oggi ce n’è stato troppo e non si faceva nulla”. Un racconto di tre città, una radiografia dell’Italia in cui è impossibile non dirsi renziani. Il servizio di Giuseppe Borrello
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