I rendimenti "zero" hanno minato alle fondamenta la sostenibilità dei generosi trattamenti pensionistici integrativi previsti per i dipendenti della compagnia di bandiera tedesca. A chi tocca il cerino?
L’effetto tassi ha fatto una prima vittima eccellente: il fondo pensioni della Lufthansa. I rendimenti “zero”, o addirittura negativi come nel caso dei titoli di Stato tedeschi di durata inferiore ai 7-8 anni, hanno minato alle fondamenta la sostenibilità dei generosi trattamenti pensionistici integrativi previsti per i dipendenti della compagnia di bandiera tedesca. Nel primo trimestre 2015 il deficit del fondo ha toccato i 10,2 miliardi di euro, con un incremento del 41% rispetto alla fine del 2014.
Gli attuali rendimenti dei titoli in portafoglio, infatti, non sono in grado di coprire i rendimenti garantiti dal fondo che si aggirano tra il 6 e il 7%. E a coprire il gap è la stessa compagnia che proprio per questo di anno in anno ha visto crescere i costi alla voce personale di diverse centinaia di milioni di euro. Inoltre, il trattamento integrativo è basato sul metodo retributivo e non su quello contributivo: cioè, in buona sostanza, i dipendenti Lufthansa percepiscono di pensione integrativa molto di più di quanto hanno versato nel corso della loro vita lavorativa che oltretutto è piuttosto breve, visto che i piloti tedeschi possono andare in pensione già a 55 anni.
Insomma, la Germania predica bene e razzola malissimo: i dipendenti della ex compagnia di Stato oggi al 70% in mani tedesche godono di benefit che nessuno in Europa si sogna di avere. Non solo: è anni che il management del gruppo tenta di intervenire per riequilibrare una situazione palesemente insostenibile (gli assistenti di volo in pensione prendono in media un integrativo mensile di circa 1.000 euro, i piloti di circa 4mila euro), ma i sindacati non mollano un centimetro e nulla cambia.
Nel 2013 la compagnia propose di modificare i benefit pensionistici commisurandoli alle performance degli investimenti del Fondo anziché a un rendimento garantito, argomentando che i tassi d’interesse avrebbero continuato a scendere negli anni a venire, mentre l’aspettativa di vita è in continua crescita. Già quell’anno Lufthansa dovette sborsare quasi 260 milioni di euro per coprire il gap tra i rendimenti garantiti e i rendimenti effettivi del Fondo pensione. I sindacati, però, si misero di traverso e nulla cambiò. Nel 2014 gli scioperi del personale sono stati ben sei e hanno letteralmente paralizzato il trasporto aereo tedesco con cancellazioni di centinaia di voli e costi per svariate decine di milioni di euro. La ragione è sempre quella: i benefit pensionistici e le questioni salariali. Ora il deficit ha toccato i 10,2 miliardi di euro: un fardello che nessuna compagnia aerea al mondo può permettersi. Nemmeno nella ricchissima e severissima (con gli altri) Germania. Chi e come coprirà il buco?
Aggiornato da Redazioneweb il 9/05/2015