Era partita da un anno la mobilitazione del web contro i vitalizi ai politici che si sono macchiati di delitti gravi. Una mobilitazione senza precedenti che – proprio ieri 7 maggio – è arrivata ad un primo traguardo. Dopo l’approvazione della delibera da parte degli Uffici di presidenza del Senato e della Camera, non riceveranno più il vitalizio i deputati e i senatori condannati, in via definitiva, a pene superiori a due anni di reclusione per tutti i delitti di mafia e per tutti i delitti che vanno dal peculato alla concussione. 

Il vitalizio non sarà più erogato neanche ai parlamentari condannati a due anni di reclusione per tutti gli altri delitti che hanno una pena massima prevista di 6 anni. 

Secondo la proposta di Libera, si sarebbe potuto anche introdurre l’abuso d’ufficio o i reati con pena massima di 5 anni, per i quali scattano le intercettazioni telefoniche e ambientali. Anche per quanto riguarda la riabilitazione, che è prevista dal Codice penale per tutti i cittadini e che viene decisa dal Tribunale di Sorveglianza, cioè dalla Magistratura, Libera ha proposto che si modifichino gli articoli del Codice penale, prevedendo, come si farà per il patteggiamento, che non sia possibile la “riabilitazione” se non si è restituito almeno il maltolto.

Tuttavia la posizione di Libera rimane chiara: poteva andare anche peggio. “Se nemmeno questa delibera fosse stata approvata tutto sarebbe rimasto come prima. Con il vitalizio pagato a chi ha subito condanne definitive per reati gravi.” 

La battaglia continua dunque, ma un primo passo in avanti è stato fatto, secondo l’organizzazione promotrice. Ed è stato fatto anche grazie alle 520.000 firme raccolte su Change.org, consegnate due giorni fa ai Presidenti Boldrini e Grasso.

Qui trovate la storia di questa campagna che è senza dubbio la più grande che il web italiano abbia mai registrato. Non soltanto in termini numerici, ma anche in termini di costante attenzione da parte dei sostenitori e di interazione tra online e offline. I sostenitori non si sono limitati a firmare ma hanno costantemente condiviso gli aggiornamenti, reclutato nuovi firmatari, sollecitato con twitter i decisori, partecipato a dimostrazioni di piazza. Attivismo online e tradizionale possono lavorare insieme, unendo azioni come il twitter bombing, le condivisioni su Facebook, ad attività come sit-in e incontri istituzionali. 

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