Reazioni contrastanti tra i parlamentari democratici. Tutti all'oscuro dei progetti del segretario-premier. Ma c'è anche chi non si scandalizza. Come D'Attore: "Molto più grave la mutazione genetica dell'ultimo anno"
C’è chi, come Davide Zoggia, di cambiare nome al partito proprio non vuol sentirne parlare. E chi, come Gianni Cuperlo, ritiene che una notizia smentita come quella data da Marco Damilano, sempre bene informato sulle cose del premier, sul sito dell’Espresso, non vada neppure commentata. Poi ci sono i bersaniani, con Alfredo D’Attorre in testa, molto più preoccupati della sostanza, cioè della metamorfosi genetica della linea politica del Pd, che della forma. Mentre i renziani, da Ernesto Carbone ad Alessia Morani, negano categoricamente che l’idea di trasformare il Partito democratico in “I Democratici” sia mai stata sul tavolo. Ma è quando si chiude il taccuino e si rinfodera la penna che i ragionamenti si fanno più arditi. Ed è la diffidenza il sentimento che serpeggia diffusamente nei discorsi in Transatlantico della sinistra Pd. Nonostante le smentite e le dichiarazioni ufficiali.
SMENTITE E SOSPETTI «Ricordiamo tutti cosa è accaduto quando Matteo Renzi ha detto “stai sereno” a Enrico Letta. Non mi stupirebbe se si trattasse di un’operazione “segreta” che il premier sta portando avanti con i suoi fedelissimi», dice chiaro e tondo un autorevole esponente della sinistra dem. Che aggiunge: «Il Pd ha già cambiato il proprio dna. In questo quadro il cambio di nome sarebbe una cosa quasi marginale e forse anche una conseguenza fisiologica del cambio, ben più preoccupante, di linea politica». Anche se i renziani gettano acqua sul fuoco, assicurando a reti unificate che il cambio di nome ne “I Democratici” non è in agenda. «Resta Partito democratico. Abbiamo altri problemi a cui pensare», taglia corto Ernesto Carbone, componente della segreteria del Pd. A fargli eco c’è la deputata Giuditta Pini: «La cosa è stata esclusa. Quindi la ritengo una boutade. Al momento non si avverte alcuna necessità di cambiare nome. Abbiamo altri problemi a cui pensare e non si risolvono certo cambiando un nome». Sulla stessa linea anche Alessia Morani: «E’ una notizia del tutto infondata. Partito democratico è un nome che ci piace e che ci appartiene, non mi pare ci siano discussioni in merito. Non è un tema all’ordine del giorno».
C’E’ CHI DICE NO Smentite a parte, c’è pure chi, nella sinistra dem, non fa mistero di non gradire affatto un eventuale cambio di nome. «Partiamo dalla premessa che la notizia è stata smentita e che non è previsto alcun cambio di nome al partito né alla sua struttura – osserva Davide Zoggia –. In ogni caso, per quanto mi riguarda, sono affezionato all’idea che ci sia la parola “partito” nella denominazione. Tra l’altro il Pd è diventato familiare agli elettori anche nel nome». Gianni Cuperlo, invece, non vuole neppure parlarne: «Perché commentare una notizia smentita?». Dall’ala bersaniana, Alfredo D’Attorre si concentra più sulla sostanza che sulla forma. «Francamente mi preoccupa molto di più lo stravolgimento della linea politico-programmatica consumatasi nell’ultimo anno e che disegna una mutazione del partito ben più profonda di un semplice restiling del nome – fa notare –. Uno stravolgimento che interessa temi centrali come il lavoro, la scuola, la Costituzione e il fisco. Spero che nel partito si possa discutere di questo nelle prossime settimane, in particolare dopo le lezioni regionali. Mi interessano certamente meno le indiscrezioni che vengono fatte filtrare dal giglio magico».
di Stefano Iannaccone e Antonio Pitoni
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