“C’è il forte rischio che da giugno i dipendenti delle Province non prendano più lo stipendio”. A dare l’allarme è il responsabile settori pubblici della Cgil Michele Gentile. L’assenza di denaro dipenderebbe “dai tagli della legge di Stabilità e dai ritardi, dallo stallo nel ricollocare gli esuberi derivanti dalla legge Delrio. Un’operazione che doveva partire a inizio anno e che è invece bloccata”. Ancora problemi dopo la mancata abolizione delle Province dell’ex ministro agli Affari regionali e la riorganizzazione a metà degli enti locali.
Gentile attribuisce una parte della responsabilità di questa situazione, all’inerzia del governo, alle “lentezze delle Regioni e ai tagli”. Secondo il responsabile dei settori pubblici, mancano ancora molti interventi per sistemare i lavoratori: “Non sono uscite le tabelle di equiparazione, strumento base per effettuare i trasferimenti dei dipendenti pubblici, non c’è il decreto sui criteri di mobilità, se le leggi regionali sono state varate non lo sono ancora tutti i procedimenti attuativi, restano i nodi sui centri per l’impiego e la polizia provinciale”.
Secondo il sindacalista i tagli avrebbero fatto sentire i loro effetti “spaventosi” sulle risorse destinate alle Province. Si tratta di una sforbiciata da “un miliardo per il 2015, due miliardi per il 2016 e tre miliardi per il 2017”.
A rispondere a Michele Gentile è il ministro della Pubblica Amministrazione Marianna Madia : “Infondato. Nessuno perderà lo stipendio e il lavoro”. Della stessa opinione anche il Sottosegretario di Stato agli Affari regionali Gianclaudio Bressa, che nega quanto affermato dal sindacalista: “Lanciare allarmi come fa la Cgil non solo è sbagliato ma è anche irresponsabile soprattutto nei confronti dei dipendenti, che sono e saranno garantiti nei loro diritti. Non c’è nessuna inerzia da parte del governo” assicura Bressa. “La Legge Delrio si sta attuando. I provvedimenti previsti dalla legge di stabilità stanno trovando applicazione. Le Regioni stanno facendo la loro parte. Si sta realizzando la più grande riforma della pubblica amministrazione della storia della Repubblica”. Si tratta, sottolinea, di “un processo complesso che ha bisogno di tempo”.