Alle Regionali nelle Marche potrebbe partecipare un nuovo partito: si potrebbe chiamare “Pdip”, il Partito degli indagati per peculato. Il 10% dei candidati (24 su circa 250) al prossimo voto del 31 maggio ha ricevuto infatti tre mesi fa l’avviso di fine indagini dalla procura di Ancona, con l’accusa di avere utilizzato i rimborsi ai gruppi in consiglio per presunte spese non giustificate durante le ultime due legislature. Mentre ora i pm valuteranno se chiedere il processo e mentre in altre parti d’Italia le inchieste hanno portato a una “ripulitura” delle liste (in Emilia Romagna, per esempio, solo 12 candidati su 507 erano coinvolti nelle indagini sulle spese, in Liguria sono 11), nelle Marche questo non sembra essere un problema. Anzi, tra quei 24 ci sono anche due candidati alla presidenza: uno è il presidente uscente Gian Mario Spacca, alla guida della Regione per due legislature con il centrosinistra e oggi ricandidato a un terzo mandato con i centristi e Forza Italia; l’altro è Francesco Acquaroli, che si presenta sostenuto da Lega Nord e Fratelli d’Italia.
A dover rispondere delle contestazioni più salate, sono gli ex capigruppo: devono giustificare infatti non solo i propri rimborsi, ma anche quelli a favore dei loro colleghi di gruppo. A Spacca tra il 2008 e il 2012 i pm contestano l’autorizzazione al rimborso di circa 62mila euro. I magistrati contestano, oltre a acquisti di occhiali e spese postali, pasti in ristoranti per alcune migliaia di euro. In alcuni casi pranzi o cene da più di 50 euro a persona: in un’occasione, scrivono i pm, si arriva a 182 euro per due coperti tutti messi in conto al suo gruppo consiliare e non adeguatamente giustificati, secondo l’accusa.
Per Acquaroli, invece, l’accusa è concorso in peculato assieme all’allora capogruppo del Popolo della libertà Francesco Massi Gentiloni Silveri (anche lui ricandidato come consigliere con Marche 2020, che sostiene Spacca): ai due politici la Procura di Ancona contesta spese per 14.750 euro tra il 2010 e il 2012 per l’affidamento di consulenze e per rimborsi che non sarebbero stati sufficientemente documentati.
Tra gli indagati ricandidati c’è poi Enzo Marangoni, un passato da leghista oggi in lista con Forza Italia. Nel gennaio 2014 fece parlare di sé per un post sulla sua pagina facebook con la faccia di Benito Mussolini al balcone e una scritta: “Gli italiani muoiono di fame e voi non fate altro che pensare agli immigrati! Boldrini e Kyenge andate affa… voi e gli immigrati!”. I pm ora gli contestano tra le altre cose 260 euro per comprare 40 calcolatrici e 9mila euro per l’acquisto di 2.900 copie di un libro poi date in omaggio. Totale contestato a Marangoni, che ricopriva a carica di capogruppo della Lega Nord, circa 18mila euro tra il 2010 e il 2012.
Maura Malaspina, che corre con Spacca in Marche 2020, deve invece rispondere di circa 22mila euro rimborsati fra il 2010 e il 2012 in conto al gruppo dell’Udc di cui era presidente. Più nel dettaglio, avrebbe autorizzato per sé o per i suoi consiglieri spese per circa 11mila euro per ristorazione senza adeguate giustificazioni. Al suo predecessore come capogruppo Udc tra il 2008 e il 2010, Luigi Viventi (che oggi corre in una lista che appoggia il candidato governatore del Pd, Luca Ceriscioli), i pm contestano 39mila euro. Poi ci sono Fabio Pistarelli (ex An, oggi con Fdi, 55mila euro contestati), Ottavio Brini (ex capogruppo Pdl, ora in Fi, 37mila euro). Moreno Pieroni, ex Psi e candidato in Uniti per le Marche che sostiene Ceriscioli, dovrà spiegare ai pm l’acquisto di 90 portachiavi: 326 euro (ma in totale la cifra su cui si indaga è di 15mila euro).
Sono indagati poi per concorso in peculato (con i loro capigruppo di allora) anche i ricandidati del Pd Gianluca Busilacchi, Gino Traversini, Enzo Giancarli e Angelo Sciapichetti, di Forza Italia Giacomo Bugaro, Graziella Ciriaci, Elisabetta Foschi e Umberto Trenta, Valeriano Camela e Luca Marconi (Uniti per le Marche, centrosinistra), Mirco Carloni e Paola Giorgi (Marche 2020, centrodestra), Giulio Natali, Roberto Zaffini e Giovanni Zinni (Fratelli d’Italia). Molti di loro, nelle scorse settimane, si sono presentati in Procura o hanno recapitato memorie difensive. Intanto corrono per un altro mandato in consiglio.
In data 12 settembre 2016 il gup di Ancona ha emesso una sentenza di non luogo a procedere per 55 imputati, assoluzione per 5 e disposto decreto di rinvio a giudizio per sei. Qui il link con sentenza e nomi