I riti cambiano. Si rinnovano, per continuare a parlare alla testa e al cuore di chi ci crede. Anche quelli più laici, civili e consolidati. Accadrà nel caso del 23 maggio 2015, il giorno della memoria della strage di Capaci. Da quest’anno, le navi della legalità resteranno in rada e il rito viaggerà su terra ferma, non solo a Palermo. E la giornata del ricordo di Giovanni Falcone, Francesca Morvillo e dei loro agenti di scorta Rocco Di Cillo, Vito Schifani, Antonio Montinaro, uccisi dalla bomba piazzata 23 anni fa da Cosa Nostra sotto l’autostrada Palermo-Punta Raisi, cambia luoghi e pervaderà cinque piazze italiane (che ogni anno saranno diverse). Questa la decisione del ministero dell’istruzione e della Fondazione Falcone che dal 2004 organizzano l’evento.
La giornata del 23 maggio, negli ultimi nove anni, ha permesso a migliaia di studenti italiani di conoscere da vicino questo brano della recente, drammatica storia italiana e ora si rinnova, cambia e si pone l’obiettivo più ardito di “aprire finestre sulle mafie” altrove, anche lontano da Palermo. Per entrare ancora più profondamente nella coscienza nazionale. A partire sempre dalla scuola e dagli studenti.
Da Palermo, il luogo simbolo di questa memoria, il ricordo del magistrato ucciso nel 1992 si allargherà a cinque città, per entrare ancora più nel profondo della coscienza nazionale. Dalle navi, alle piazze della legalità. Milano, Reggio Emilia, Rosarno (Reggio Calabria), Napoli e Firenze, oltre che ovviamente Palermo e Corleone: queste le piazze sulle quali il Miur ha deciso di puntare i fari. E qui si concentrerà l’attenzione delle scuole italiane che non vogliono perdere il vizio di ricordare. Nel nome di Falcone, gli studenti italiani pianteranno alberi Falcone anche lontano da via Notarbartolo e parleranno della mafia che pervade le loro città.
Anche la messa cattolica (per fare un esempio) ha cambiato forma e linguaggio: si dice in italiano, tedesco, spagnolo e così via. E non più come una volta solo in latino. Perché tutti la capiscano e la recitino non a memoria. E la sentano più vicina alla propria vita. Così la giornata in memoria di Giovanni Falcone (ma anche di Paolo Borsellino e delle tante vittime – giudici, poliziotti, giornalisti – uccisi dalle mafie) unisce diverse comunità cittadine nelle quali purtroppo le mafie sono sbarcate e hanno messo radici. Del resto, e non a caso, quest’anno la procura di Roma ha iniziato un’indagine che si chiama “mafia capitale”.
Il 23 maggio 2015 avrà questo “nuovo” valore simbolico, per dare seguito a una delle intuizioni (non comprese, quanto fu espressa in solitudine) più importanti di Falcone. Il magistrato ucciso lo disse nel 1990 e allora non era una cosa scontata (ma lo è anche oggi?): “La mafia oggi investe dovunque, anche in Borsa” e non lo disse per sviare l’attenzione da Palermo. Ma per segnalare un pericolo che oggi, 25 anni dopo, è diventato drammatica attualità nazionale: la mafia è la prima azienda italiana per fatturato. Più dell’Eni o della Fiat. Guadagna – secondo le stime di Bankitalia – qualcosa come 150-180 miliardi l’anno. E così compra tutto, dovunque.
I recenti fatti di cronaca lo confermano: l’operazione “Aemilia” a Reggio Emilia (la mafia nella città custode della lotta antifascista dei sette fratelli Cervi), i processi sulla penetrazione della ‘ndrangheta a Milano, la memoria del terrore seminato da Cosa nostra nelle città d’arte (via dei Georgofili a Firenze, nella Firenze di Antonino Caponnetto), lo strapotere “politico” della camorra in Campania e la ferocia finanziaria della ‘ndrangheta a Rosarno con i suoi record criminali, lo confermano. E la scelta del ministero dell’istruzione sarà proprio questa, a partire dal 23 maggio 2015: gli studenti testimonieranno la loro volontà di non delegare al puro ricordo e alla sola Palermo la comprensione di questo fenomeno politico-criminale che risale la linea della palma di sciasciana memoria, fino a raggiungere la linea dei pioppi padani.
Perché aveva ragione Falcone, la “mafia investe dovunque” e dovunque bisogna imparare a conoscerla. Per far camminare su migliaia di altre gambe le idee di chi è morto per affermare il bene comune e la legalità.