L'ex ministro del Lavoro del governo Monti: "Bisogna domandarsi chi paga il conto. Se sono sempre i giovani a pagare, allora la considerazione amara è che non abbiamo nella Costituzione una protezione delle generazioni giovani e future"
“Il taglio dell’indicizzazione nella mia riforma non c’era. Ma era chiaro che la riforma non avrebbe potuto dare risparmi di spesa nell’immediato, quindi fu un’esigenza finanziaria che venne fuori dal Tesoro in maniera molto netta”. Stando all’ex ministro del Lavoro Elsa Fornero, dunque, è all’allora presidente del Consiglio e ministro dell’Economia Mario Monti che andrebbe imputata, oltre alla decisione finale, anche l’idea iniziale di congelare la rivalutazione delle pensioni che è appena stata bocciata dalla Consulta. Che, punta il dito l’ex ministro davanti alle telecamere di In mezz’ora, ha scelto di tutelare i diritti acquisiti a scapito delle generazioni future.
“Nella sentenza della Consulta mi turba che si parli dei diritti dei pensionati, ma bisogna domandarsi chi paga il conto – è la sua analisi -. Se sono sempre i giovani a pagare, allora la considerazione amara è che non abbiamo nella Costituzione una protezione delle generazioni giovani e future”. Anche perché “chi ha portato la Consulta al suo pronunciamento sono stati i percettori di pensioni alte, le categorie di manager. Ma non possiamo dire che è un diritto acquisito la salvaguardia del potere di acquisto di pensioni da 5.000 euro. Dobbiamo domandarci chi paga”. Per questo, secondo l’ex ministro, la sentenza della Corte presenta dei rischi e non a caso “non è stata unanime”. Il pericolo è proprio che i diritti acquisiti di qualcuno “schiaccino” qualcun altro. “C’è qualcosa nella società italiana – ha aggiunto – che è profondamente sbagliato. C’è una contrapposizione troppo forte. La riforma delle pensioni è stata fatta essenzialmente per ribilanciare i rapporti tra generazioni. Questo è il messaggio forte che è ancora valido ora. Il governo di cui ho fatto parte in questo senso non ha fallito”.
La Fornero, secondo la quale le indicazioni arrivare dal ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, su adeguamenti pensionistici per fasce di reddito, “è l’inizio di una soluzione equa”, ha quindi ribadito che quella della Corte è per lei una sentenza “difficilmente comprensibile”, che non tiene conto della tensione e delle difficoltà in cui il dl Salva Italia. Nel momento in cui vennero prese le decisioni oggi al centro dell’opinione pubblica e dei conteggi del Tesoro, ricorda, “c’era una grande tensione in quei 20 giorni nei quali io, che non avevo mai fatto politica attiva, mi sono trovata a fare il ministro di un governo tecnocratico chiamato per ridare credibilità al nostro debito pubblico – è la ricostruzione della Fornero – . Monti mi disse che avrei dovuto fare la riforma delle pensioni. In qui 20 giorni durissimi c’era una tensione continua perché non avevo tempo di prendere conoscenza dei meccanismi del ministero e dei collaboratori, ma bisognava dare una risposta immediata. Oggi quella sentenza è difficilmente comprensibile, e lo dico col massimo rispetto”. Quindi l’attacco. “Sono stati sbagliati dei conti? I tecnici dei ministeri possono essere bravi o cattivi e in molti casi sono molto competenti e con alto senso istituzionale, in altri casi sono stati messi li da politici che hanno usato il loro potere per sistemare amici e in altri casi hanno scarsissimo senso istituzionale. Io non voglio accusare nessuno, ma mi sono spesso trovata in mezzo a liti fra la Ragioneria dello Stato e l’Inps“.
Infine il mea culpa. “Gli esodati sono stati un errore, lo riconosco”, ammette l’ex ministro che non risparmia le critiche al capo del suo governo. “Credo che Monti abbia scelto di entrare in politica interpretando il suo modo di fare il bene del Paese ma credo che la decisione sia stata sbagliata, noi avremmo dovuto essere tecnici fino in fondo”. Quindi le scuse: “A quelli esodati chiediamo scusa, a quelli che si sono trovati senza lavoro e senza pensione, che non sono tutti quelli usciti dal mondo del lavoro, a chi si è trovato in serie difficoltà sì chiediamo scusa. Se ho qualcosa di cui scusarmi con gli italiani? Lo dico apertamente, ho lavorato in ottica di Paese, non di partito e sindacato, di errori ne abbiamo fatti, se questa sentenza della Corte costituzionale è da interpretarsi come espressione di un senso di giustizia, mi chiedo se sia giusto avere chiesto ai lavoratori anziani di lavorare 5-6 anni in più, se fosse così dovrei chiedere scusa, ma non lo credo che sia così”.