L’inaspettata vittoria di David Cameron nel Regno Unito ha prodotto una sorta di euforia sui mercati. L’indice Stoxx Europe 600 è salito di 2,9 punti percentuali, facendo così registrare un aumento dell’1,4 per cento nell’arco di una settimana durante la quale tutti si aspettavano risultati elettorali completamente differenti. Nel momento in cui i Tory hanno raggiunto la soglia dei 326 parlamentari, che gli permette di governare da soli, l’indice Ftse 100 è aumentato del 2,3 per cento. Simile ottimismo serpeggiava venerdì scorso in Europa, l’indice Dax e Swiss Market sono saliti rispettivamente di 2,7 e 2,5 punti percentuali.
A prima vista la risposta positiva dei mercati sembra fuori luogo. Mai il Regno Unito è stato così diviso, la mappa elettorale mostra una Scozia decisamente nazionalista ed un sud conservatore. La presenza dei laburisti è sporadica in Inghilterra e nel Galles mentre in Scozia, un tempo baluardo della sinistra, sono stati rimpiazzati dall’Snp, lo Scottish National Party. I liberal democrats, poi, sono stati decimati.
Non solo David Cameron dovrà fare i conti con un partito, Snp, all’opposizione molto più radicale dei vecchi e nuovi laburisti, ma sarà costretto a dare spazio all’interno del suo partito all’ala degli euroscettici. Tutto ciò sullo sfondo del referendum sull’Europa Unita, promesso all’elettorato insieme alla decisione di non ripresentarsi per un terzo mandato.
Certo non c’è da stare tranquilli, la politica di austerità perseguita fino ad oggi potrebbe facilmente essere sabotata dall’opposizione e dagli euroscettici; il referendum rimane una grossa incognita, che succederà all’economia se la popolazione voterà a favore dell’uscita dall’Unione Europea? Anche se il Regno Unito non ha aderito all’euro, l’Europa rimane il partner commerciale più importante del regno di sua maestà. Senza parlare poi del futuro della piazza di Londra, la più importante del vecchio continente, quali le implicazioni del Brexit?
Nonostante queste grosse incertezze i mercati hanno applaudito la vittoria di Cameron. Perché?
In un’Europa politicamente divisa, dove i governi di coalizione sono diventati la norma, il mandato di Cameron, tra i pochi a poter governare da solo, e cioè senza dover scendere a compromessi con altri partiti, è un fattore di stabilità e non c’è niente altro che al momento i mercati anelano.
Ma c’è un altro elemento che sicuramente gioca un ruolo importante nella psicologia dei mercati: la prova di democrazia che ancora una volta il Regno Unito ha superato con grande successo. L’anima della democrazia è l’alternanza di governo, che altro non è che il potere del voto. Molti che nel 2010 si sentivano laburisti o liberal democrats giovedì hanno votato un altro partito. Ancora più encomiabile è la risposta dei leader dei tre partiti sconfitti Miliband, Clegg e Farage, tutti e tre si sono dimessi e lo hanno fatto con stile. In politica si vince e si perde, questo è il principio della democrazia.
Una prova di democrazia, dunque, quella britannica che nel sud d’Europa ancora non si è vista. Nel nostro paese pur di non perdere la poltrona si è disposti a tutto, anche a votare una legge elettorale che di democratico ha ben poco. Da noi i partiti cambiano nome, si fondono, si ristrutturano per evitare che chi ne fa parte si debba dimettere, il lupo italiano perde sempre e solo il pelo. Ed infatti da trent’anni vediamo sempre le stesse facce e quelle poche nuove sono i loro cloni.
Suggerisco alla nostra classe politica di ascoltare i discorsi in cui i tre leader britannici annunciano le loro dimissioni e di confrontarli con l’arroganza di quelli dei nostri leader anche quando sono stati sconfitti alle urne o mai eletti in Parlamento.
Noi che viviamo da decenni nel Regno Unito queste differenze le vediamo e non ci sorprende che la risposta dei mercati al mandato di Cameron sia stata positiva. In una vera democrazia tutte le decisioni sono giuste, ed anche una campagna elettorale povera di idee nuove, come è stata quella appena conclusasi nel Regno Unito, può produrre un risultato positivo. Dove invece la democrazia è debole elezioni e referendum spesso producono risultati disastrosi.