San Basilio, in provincia di Matera, una degli 83 lidi italiani consigliati dai pediatri per la qualità delle sue acque, è ricoperta di materiale nero e dal cattivo odore. Secondo diverse ipotesi, si tratterebbe di petrolio. Le istituzioni fanno a scaricabarile: l'Arpab dice di non poter intervenire: "Aspettiamo segnalazione del prefetto o del Comune". Che, da parte sua, attende la chiamata dell'Agenzia: “Non ci ha segnalato niente”
È una delle 83 spiagge italiane consigliate dai pediatri per la qualità delle sue acque, limpide, e il tipo di sabbia, finissima. Ma San Basilio, spiaggia di Marina di Pisticci, in provincia di Matera, è adesso ricoperta da fanghi neri che – stando a quanto riporta il quotidiano online Basilicata24 – “odorano di benzina”. Una coltre di melma nera che si estende dal mare, dove si è formata anche una scogliera a un metro dalla riva, fino a uno, due chilometri di distanza dalla battigia, su su per il Cavone, fiume che sfocia nel mar Ionio e sul cui bacino è piazzato un parco di pozzi petroliferi. “A un chilometro e mezzo stessa situazione – riporta la testata lucana – basta scavare un po’ ed ecco affiorare quella roba nera e puzzolente, in alcuni punti con venature rosso amaranto”. Ma la notizia sembra non aver sconvolto più di tanto: a quasi una settimana dalla segnalazione non si è mossa anima viva per fare accertamenti.
Anzi, si verificano rimbalzi da flipper tra Comune e Arpa Basilicata. L’agenzia regionale per l’ambiente sostiene di non poter intervenire: “Non siamo autonomi, interveniamo solo su segnalazione del prefetto o del Comune“, spiega Mario Cuccarese, responsabile del dipartimento provinciale di Matera. Il Comune di Pisticci, invece, aspetta la chiamata dell’Agenzia regionale: “Per il momento Arpab non ci ha segnalato niente”, dice il sindaco Vito Di Trani (eletto in una coalizione di centro estra). Tuttavia alla seconda domanda (“Ma Arpab dice che non può muoversi senza la segnalazione di un ente. È falso?”) corregge il tiro: “Siccome c’è un altro Comune qui vicino, poteva averla fatta lui, la segnalazione, all’Arpab”. “In ogni caso – continua il primo cittadino – non pensiamo sia petrolio”. “Tutto a posto” anche per la Regione Basilicata: “Sì, può darsi che si sentano odori strani, ma è sicuramente argilla; c’è sempre stata in quella zona”, sostiene Mino Grasso, portavoce del governatore Marcello Pittella (Pd).
Intanto, nell’attesa che qualcuno faccia qualcosa, spuntano le ipotesi sull’origine di quei fanghi. Una possibilità è che sia davvero petrolio. Lungo il corso del Cavone che sfocia nella spiaggia di San Basilio, nonostante Arpab lo neghi (“Non ci sono pozzi a Pisticci”) ci sono infatti diversi pozzi, riuniti in un’unica concessione, la Serra Pizzuta. “Non esiste il rischio zero nell’industria del petrolio – spiega a IlFattoQuotidiano.it Pio Acito, di Legambiente Matera – In tutto il ciclo è inevitabile che ci sia dispersione, o via area o via terra”. Ma il petrolio – sembra essere questa l’ipotesi più accreditata – potrebbe arrivare dall’oleodotto che collega la Val d’Agri, che è il distretto petrolifero più grande d’Europa, e la raffineria di Taranto, di proprietà della Som (per il 70% di Eni e il 30% di Shell).
Considerando che la Regione produce circa 85mila barili di greggio al giorno e che ogni barile contiene 159 litri, significa che, in quel tubo sotto la terra della Basilicata, passano ogni giorno milioni e milioni di litri di petrolio. Tanto che l’oleodotto, costruito quindici anni fa, nel 2006 presentava già, secondo lo studio della Ispesel, corrosioni della corona circolare superiori, in alcuni tratti, al 50%. “Immaginiamoci come possa essere dopo altri otto anni – incalza Acito – basta una piccola perdita, intercetta la falda e poi riemerge come possiamo vedere a Pisticci”. E non sarebbe la prima volta che quella terra, una volta culla della Magna Grecia, si risveglia in ammollo nel petrolio: l’oleodotto si è rotto già due volte – nel 2012 e pochi mesi fa– inzuppando di petrolio terreni che rimangono tutt’oggi intrisi di idrocarburi.