Si potrebbe chiamare “l’intervista nel cassetto”, nel senso che quel cassetto non si aprirà mai. Eppure conteneva, e contiene, tante informazioni utili per il nostro modello di sviluppo, la nostra economia e la nostra salute. Allora come oggi. Informazioni che vengono spazzate via prima ancora di essere divulgate.
Allora era il 2001: Genova, i giorni del G8. Oggi è l’Expo di Milano.
Partiamo dal 2001. L’intervista all’economista dell’Università di Urbino viene realizzata nell’ambito degli incontri tematici del Genoa Social Forum sui contenuti del vertice mondiale, sulle strategie che i “grandi della terra” decidevano a Genova, in primis quelle riguardanti le risorse del pianeta, l’ambiente, i diritti, la povertà e la fame. Come si potevano affrontare quelle questioni epocali? Forse era il caso di seguire anche cosa proponeva quel movimento gigantesco che veniva definito “no global”. E forse era il caso di ascoltare studiosi e scienziati indipendenti che si contrapponevano alla globalizzazione delle banche, delle multinazionali e della grande finanza: gli interessi di pochi a scapito di quelli collettivi. Così, intervisto tra gli altri il professore di economia politica. Un’intervista che non andrà mai in onda. Perché, al momento del montaggio vengo chiamata ad occuparmi d’altro. Devo scendere in piazza a raccontare i primi disordini che lasceranno un segno indelebile. E saranno solo quei “fatti del G8 2001” a restare nella memoria, a cancellare con un colpo di spugna un intero evento, con i suoi contenuti e le sue decisioni. A cancellare il “movimento dei movimenti” che si contrapponeva a quelle decisioni con proposte concrete di cui pochissimi hanno parlato. Proposte che non “facevano notizia”. (www.veritagiustizia.it; www.sbilanciamoci.it)
Oggi l’Expo. A Milano si spendono miliardi per la grande vetrina mediatica del cibo. All’interno e fuori tante buone ragioni per dire che nutrire il pianeta significa soprattutto rispettarlo: tutelare le sue risorse, i diritti, l’ambiente e la salute. Altrimenti saranno le ragioni della fame a nutrirsi. Per affamare (e avvelenare) ancora di più la terra e le persone che la abitano. E il loro futuro. (www.convegnobiodinamica.it; www.cibosostenibile,it; http://www.csvsalento.it/notizie; www.vittorioagnoletto.it).
Ma queste ragioni resteranno nell’ombra. Non avranno il palcoscenico dei titoli dei tg nazionali e delle prime pagine. Anche in questo caso i riflettori si accendono sui disordini e l’assalto violento alla città. Ed ecco la “magia frustrante” che si concretizza: scompaiono come per incanto le migliaia di cittadini in piazza per criticare pacificamente la vetrina della precarietà e per dire che questo modo di produrre cibo non serve a nutrire il pianeta, casomai ad impoverirlo. Anche qui viene cancellata in un attimo la critica ai contenuti di un evento che ha fatto e farà discutere. Mentre si fa strada un paradosso, evidenziato anche sugli schermi della tv pubblica quando parla di “devastazione lasciata dal corteo no expo” e di “guerriglia scatenata dai no expo”. E un colpo di spugna cancella la protesta pacifica e i suoi contenuti. Persino la scena della cosiddetta “società civile” e degli scienziati indipendenti che hanno deciso di “entrare” all’expo proponendo un manifesto critico, in testa Vandana Shiva (www.navdanyainternational.it), è stata rubata dalle polemiche sulla devastazione di Milano. E i resoconti sull’esposizione internazionale passano soprattutto ai cronisti di “nera”.
Non si accendono i riflettori sui contenuti, sulle multinazionali dell’agroalimentare che colonizzano (e ricattano) i paesi poveri, riducono in schiavitù, distruggono le foreste, avvelenano la terra e le fonti idriche. Mentre si illuminano gli scaffali dello spreco e degli effetti speciali sul cibo sempre più contaminato. Tra parentesi, sono in crescita i pesticidi, anche in seguito alle coltivazioni ogm e ogni anno nel mondo scompaiono moltissime specie vegetali e animali. Sono soltanto alcuni esempi che riguardano la sicurezza alimentare, la nostra vita e quella del pianeta. Che non hanno l’onore delle prime pagine e delle dirette tv. Si fanno soprattutto i “giri nei padiglioni” a caccia di stranezze e curiosità più o meno esotiche, per raccontarci le solite fanfaluche. Per abbagliarci con parole vuote.