Viva lo sciopero, per un giorno si è parlato di scuola. Il problema assurdo dei precari stabilmente precari va risolto, l’idea bizzarra del preside che si sceglie gli insegnanti va cancellata: intanto chi ha scelto i presidi?
Da ex insegnante ne ho avuti di bravi, uno lo voglio ricordare, Paolo Baldassarri, che quando annunziò le dimissioni ricevette 800 lettere dagli studenti che lo pregavano di restare. Ne ho avuti di tremendi per ignoranza e arroganza. E’ poi facile immaginare i nepotismi, le massonerie, le affinità politiche, la fine degli insegnanti bravi ma scomodi… non è proprio una buona idea.
Purtroppo nessun discorso serio sui contenuti, sulla tendenza pedagogica a metter in sottordine un’idea globale di educazione, abbindolati dalle cosiddette prove oggettive, dall’idolatria del voto, che già dalla terza fa sacrificare ogni creatività perché due anni dopo c’è l’esame di Stato. Un efficientismo che crede di essere in linea coi tempi, ed è superatissimo.
Un dirigente ministeriale che dice: bisogna che la filiera educativa si trasformi in filiera produttiva. Ma come parli? direbbe Moretti. Nel frattempo le multinazionali dell’industria propongono corsi di formazione che rimettono al centro l’individuo nella sua complessità, e quindi vanno “dalla filiera produttiva alla filiera educativa”, proprio nell’interesse dell’azienda. Le competenze servono, certo, ma un individuo scisso, mercificato, attento solo al voto dell’esame, poco incline alla creatività e alle domande esistenziali che danno senso alla vita, bhe, questo individuo non troverà lavoro o se lo troverà ne sarà alienato. Qualcuno al Ministero ricorda questa parola?
Per fortuna che esistono sacche di resistenza, bravissimi insegnanti che, con mille difficoltà fanno il loro lavoro con la passione di chi sa di fare qualcosa di importante: vanno premiati, incentivati, mandati a fare corsi di eccellenza, su base volontaria.
Oggi occorre un umanesimo che sappia leggere il mondo, che non abbia atteggiamenti puerili verso la scienza e la tecnica, ma non sia né scientista né tecnicista. E occorre la possibilità di cacciare via chi non sa e non vuole insegnare. Quattro esempi: uno che faceva le schede di valutazione durante gli scrutini, ascoltando gli altri; una che venti minuti prima della fine della lezione diceva: abbiamo finito! E se ne andava; una poveretta paranoica che veniva spostata di classe ogni anno, come una calamità naturale da spartirsi equamente. O il collega assenteista che disse: ma io ho diritto a un mese di malattia! Una specie di ferie aggiuntive. Il diritto di ammalarsi, non ci avevamo pensato. Che lo sfruttasse pienamente, fino alle estreme conseguenze.
A che titolo devono occupare dei posti di ruolo queste persone?
Nelle università medievali erano gli studenti a scegliere i professori, bisognerebbe pensare seriamente non solo alla selezione ma anche alla conferma dei docenti.
Gli insegnanti più importanti sono i maestri elementari, qui bisognerebbe investire davvero: un cattivo docente universitario ruba lo stipendio, ma è meno nocivo. Se Renzi crede davvero nell’importanza della scuola, si apra una discussione su metodi e contenuti.