"I trafficanti non hanno una struttura, né flotte o equipaggiamenti speciali da distruggere - spiega a IlFattoQuotidiano.it Ayoub Amr Ghasem, ufficiale della guardia costiera libica della capitale, controllata dal governo islamista - si raggruppano sulla costa per mettere in acqua le barche e poi scompaiono in pochissimo tempo". Sulla stessa lunghezza d'onda anche il governo riconosciuto: "Impossibile riconoscere le barche usate per trasportare gli immigrati dalle altre"
L’Alto Rappresentante per la politica estera europea Federica Mogherini è al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite per illustrare, su invito della Lituania, la strategia dell’Unione Europea sulla crisi libica e l’emergenza migranti. L’Italia ha lavorato con i paesi membri del Consiglio a una proposta di bozza di risoluzione per autorizzare un intervento europeo contro i trafficanti di essere umani. Una mossa che darebbe il via a una missione militare europea a guida italiana contro le imbarcazioni utilizzate per trasportare i migranti dalla Libia verso l’Italia: l’intervento potrebbe prevedere anche operazioni entro le acque interne libiche per l’arresto degli scafisti, il sequestro e la distruzione delle imbarcazioni sulla falsariga di quanto messo in atto con l’operazione Atalanta contro i pirati del Corno d’Africa. Secondo il New York Times, il Consiglio di Sicurezza sarebbe in procinto di approvare la risoluzione e il documento, basato sul “Chapter 7” della Carta Onu, permetterebbe operazioni in acque e suolo libico senza bisogno di un’intesa con le autorità libiche.
La Mogherini ha più volte parlato di “distruggere i barconi” utilizzati dagli scafisti, ma l’ipotesi non convince nessuno dei due governi libici. Il generale Ayoub Amr Ghasem, ufficiale della guardia costiera libica di Tripoli, controllata dal governo islamista, spiega a IlFattoQuotidiano.it che colpire le imbarcazioni potrebbe rivelarsi una strategia inutile. “I trafficanti non hanno delle vere e proprie flotte o equipaggiamenti speciali da distruggere. L’operazione non avrebbe successo perché i nostri nemici non hanno una vera e propria struttura”, spiega Ghasem, sottolineando come non sia possibile individuare dei punti fissi di partenza: “Si raggruppano sulla costa per mettere in acqua le barche cariche di migranti e poi scompaiono in pochissimo tempo. Questo avviene ogni volta in punti diversi e le navi difficilmente tornano vuote nello stessa località”.
A dire “no” alla possibilità di un intervento militare c’è anche l’altro governo libico, quello di Tobruk. Ieri l’ambasciatore dell’esecutivo riconosciuto dalla comunità internazionale ha chiesto alle Nazioni Unite di non intervenire, ma di aiutare il suo esercito. “Non siamo stati nemmeno consultati”, ha detto l’ambasciatore al Palazzo di Vetro, Ibrahim Dabbashi, aggiungendo che l’idea di schierare più imbarcazioni al largo delle coste libiche per salvare i migranti è “totalmente stupida” perché incoraggerebbe ancora più migranti ad arrivare in Libia, rendendo più difficile il controllo da parte delle autorità locali. Netto no anche alla distruzione dei barconi, perché – ha affermato – sarebbe difficile distinguerli da altre imbarcazioni. “L’unica via” per risolvere questa emergenza, ha sottolineato, è di aiutare il governo di Tobruk a prendere il controllo di tutto il Paese, fornendogli armi, a maggior ragione ora che i negoziati fra le parti promossi dall’Onu languono. La posizionata era già stata esplicitata dal dal Capo di Stato Maggiore di Tobruk, il generale Khalifa Haftar. “I terroristi contro cui mi batto sono i vostri stessi nemici – ha affermato il generale nell’intervista a RaiNews24 – non siamo d’accordo a soluzioni militari esterne, ma se la comunità internazionale ci darà il suo appoggio riusciremo a trovare una soluzione”.
Variegate le posizioni nel Consiglio i Sicurezza. Attesi i sì di Regno Unito, che ha il compito di presentare in via formale la bozza di risoluzione, e Francia. La diplomazia italiana avrebbe incassato anche la disponibilità di Spagna, Ciad, Angola e Nigeria. In forse il via libera di Stati Uniti, Cina e Russia: Mosca sarebbe d’accordo su operazioni che si limitassero alle acque territoriali libiche ma non riguardassero le coste e oppone un secco no a i raid aerei.
Anche nell’Ue sono molti i dubbi sulla preparazione strategica della missione in un territorio che, oltre a due governi rivali, vede la presenza di diverse milizie armate indipendenti e la forte presenza dello Stato Islamico. Tra le possibilità di intervento c’è l’eventualità di un’operazione “civile-militare” sul modello della EU Navfor, la missione Atalanta contro la pirateria iniziata nel 2008 in Somalia contro la pirateria. La missione, estesa fino al dicembre 2016, ha lo scopo di proteggere le navi mercantili che transitano tra il Mar Rosso, il Golfo di Aden e l’Oceano Indiano e svolgere attivita’ di scorta alle navi mercantili del Programma Alimentare Mondiale delle Nazioni Unite (WFP), incaricate di consegnare aiuti alimentari in terra somala.
Sul tavolo anche la possibilità di un accordo economico in Libia per aiutare i locali e bloccare il traffico dei migranti provenienti da diversi paesi africani e mediorientali. Ma, come sottolineato da diversi analisti, senza un governo unitario con cui trattare, il rischio è che gli aiuti diventino parte della lotta interna al potere alimentando ancora di più il conflitto civile nel paese.