Spengono la prima candelina i tecnici specializzati di Telefónica Movistar, la più grande compagnia di telefonia spagnola e azionista (ancora per poco) di Telecom Italia. Ma non è un traguardo da festeggiare. Lo sciopero contro l’azienda guidata da César Alierta compie un mese ed è molto lontano dall’essere risolto, con inevitabili conseguenze sull’attivazione di nuovi contratti o la riparazione di avarie (sia per le famiglie che per le imprese). Si parla, secondo cifre ufficiose, di quasi 200mila utenze coinvolte in tutto il Paese. Due le principali difficoltà: abbonati che hanno bisogno di assistenza tecnica sul posto e soprattutto nuovi sottoscrittori che si trovano nel ‘limbo della portabilità’, perché hanno già disdetto il precedente contratto con il vecchio gestore (Telefónica) e non possono farsi attivare quello nuovo dalla compagnia prescelta.
Le città maggiormente coinvolte, oltre a Madrid da dove tutto è partito, sono Barcellona, Bilbao, Siviglia e alcune località di provincia. L’effetto a catena coinvolge anche le compagnie concorrenti. Funzionari contattati da ilfattoquotidiano hanno confermato che sono molti i clienti che hanno disdetto il contratto con l’ex monopolista (continuando però a pagare per l’Adsl) e non possono comunque usufruire dei nuovi servizi. Per questo motivo sono stati costretti ad offrire extra dati su telefonino se l’operatore è lo stesso oppure router 4G senza costi aggiuntivi per i nuovi clienti. Insomma, come se la rete spagnola fosse stata bloccata da una diga che porta il nome di Telefónica Movistar. Ad oggi non c’è nessuna indicazione sulla data di conclusione dello sciopero. E la protesta nelle prossime settimane potrebbe coinvolgere moltissime utenze, anche nelle amministrazioni locali o grandi aziende internazionali. Se finisse oggi, i tempi necessari per risolvere tutte le problematiche già causate e completare le attivazioni dei nuovi contratti sono stimati in almeno due mesi. Ma più in là si andrà con la protesta, maggiori saranno le conseguenze sulla rete.
Lo sciopero è stato proclamato il 28 di marzo dal sindacato Ast a Madrid, per poi estendersi nelle settimane seguenti anche ad altre città. L’obiettivo è far sentire il grido di allarme dei lavoratori tecnici (soprattutto installatori) e chiedere l’abolizione del “Contrato de Bucle”, l’accordo quadro che Telefónica ha recentemente stipulato per tre anni con le imprese collaboratrici – dieci compagnie tra le quali Cobra, Abentel e Elecnor – che riduce ancora di più il prezzo dei servizi per l’installazione e il mantenimento delle linee fisse.
La madre di tutti i problemi è proprio il gioco di scatole cinesi: una catena di tre livelli di contrattazione che strangola gli anelli più deboli. I lavoratori a contratto delle dieci compagnie, spesso autonomi, arrivano a lavorare dodici ore al giorno sette giorni su sette, per ricevere, nel migliore dei casi, solo 800 euro. Attrezzi da lavoro, spostamenti, materiali e pasti sono a carico dei lavoratori. Insomma, un vero sfruttamento. Teresa Rodríguez, segretaria generale dell’Ast, usa toni ancora più forti:
“Non è lavoro, è schiavismo, ed è una pratica utilizzata da Telefónica già da molti anni. Il signor Alierta guadagna in un giorno quello che questi lavoratori riescono a raggiungere in due anni, uno squilibrio senza senso. Molti sono costretti a fare la coda ai Bancos de Alimentos per poter portare a casa qualcosa da mangiare per le proprie famiglie”.
Il sindacato Ast e i lavoratori non sono soli nella protesta: la Federación Socialista Madrileña (FSM) e la Izquierda Plural hanno appoggiato la rivendicazione ed ora anche Podemos di Pablo Iglesias ha lanciato una campagna Twitter per sensibilizzare il tema. Dal governo, sia per voce del premier Mariano Rajoy che del ministro del Fomento Ana Pastor (lo Sviluppo economico spagnolo), nemmeno una parola. Ma la Rodriguez non si pone barriere nazionali: “La protesta andrà avanti: se Madrid continua a non ascoltarci vorrà dire che porteremo le nostre istanze fino al Parlamento europeo”.
Lobby
Spagna, mese di sciopero in Telefónica. Internet spento per 200mila
La protesta ha paralizzato l’attivazione di nuovi contratti e la riparazione delle avarie. Al centro della mobilitazione c'è l'accusa di sfruttamento degli autonomi che lavorano per la compagnia ma dipendono da imprese collegate: arrivano a lavorare dodici ore al giorno sette giorni su sette ricevendo nel migliore dei casi 800 euro al mese
Spengono la prima candelina i tecnici specializzati di Telefónica Movistar, la più grande compagnia di telefonia spagnola e azionista (ancora per poco) di Telecom Italia. Ma non è un traguardo da festeggiare. Lo sciopero contro l’azienda guidata da César Alierta compie un mese ed è molto lontano dall’essere risolto, con inevitabili conseguenze sull’attivazione di nuovi contratti o la riparazione di avarie (sia per le famiglie che per le imprese). Si parla, secondo cifre ufficiose, di quasi 200mila utenze coinvolte in tutto il Paese. Due le principali difficoltà: abbonati che hanno bisogno di assistenza tecnica sul posto e soprattutto nuovi sottoscrittori che si trovano nel ‘limbo della portabilità’, perché hanno già disdetto il precedente contratto con il vecchio gestore (Telefónica) e non possono farsi attivare quello nuovo dalla compagnia prescelta.
Le città maggiormente coinvolte, oltre a Madrid da dove tutto è partito, sono Barcellona, Bilbao, Siviglia e alcune località di provincia. L’effetto a catena coinvolge anche le compagnie concorrenti. Funzionari contattati da ilfattoquotidiano hanno confermato che sono molti i clienti che hanno disdetto il contratto con l’ex monopolista (continuando però a pagare per l’Adsl) e non possono comunque usufruire dei nuovi servizi. Per questo motivo sono stati costretti ad offrire extra dati su telefonino se l’operatore è lo stesso oppure router 4G senza costi aggiuntivi per i nuovi clienti. Insomma, come se la rete spagnola fosse stata bloccata da una diga che porta il nome di Telefónica Movistar. Ad oggi non c’è nessuna indicazione sulla data di conclusione dello sciopero. E la protesta nelle prossime settimane potrebbe coinvolgere moltissime utenze, anche nelle amministrazioni locali o grandi aziende internazionali. Se finisse oggi, i tempi necessari per risolvere tutte le problematiche già causate e completare le attivazioni dei nuovi contratti sono stimati in almeno due mesi. Ma più in là si andrà con la protesta, maggiori saranno le conseguenze sulla rete.
Lo sciopero è stato proclamato il 28 di marzo dal sindacato Ast a Madrid, per poi estendersi nelle settimane seguenti anche ad altre città. L’obiettivo è far sentire il grido di allarme dei lavoratori tecnici (soprattutto installatori) e chiedere l’abolizione del “Contrato de Bucle”, l’accordo quadro che Telefónica ha recentemente stipulato per tre anni con le imprese collaboratrici – dieci compagnie tra le quali Cobra, Abentel e Elecnor – che riduce ancora di più il prezzo dei servizi per l’installazione e il mantenimento delle linee fisse.
La madre di tutti i problemi è proprio il gioco di scatole cinesi: una catena di tre livelli di contrattazione che strangola gli anelli più deboli. I lavoratori a contratto delle dieci compagnie, spesso autonomi, arrivano a lavorare dodici ore al giorno sette giorni su sette, per ricevere, nel migliore dei casi, solo 800 euro. Attrezzi da lavoro, spostamenti, materiali e pasti sono a carico dei lavoratori. Insomma, un vero sfruttamento. Teresa Rodríguez, segretaria generale dell’Ast, usa toni ancora più forti:
“Non è lavoro, è schiavismo, ed è una pratica utilizzata da Telefónica già da molti anni. Il signor Alierta guadagna in un giorno quello che questi lavoratori riescono a raggiungere in due anni, uno squilibrio senza senso. Molti sono costretti a fare la coda ai Bancos de Alimentos per poter portare a casa qualcosa da mangiare per le proprie famiglie”.
Il sindacato Ast e i lavoratori non sono soli nella protesta: la Federación Socialista Madrileña (FSM) e la Izquierda Plural hanno appoggiato la rivendicazione ed ora anche Podemos di Pablo Iglesias ha lanciato una campagna Twitter per sensibilizzare il tema. Dal governo, sia per voce del premier Mariano Rajoy che del ministro del Fomento Ana Pastor (lo Sviluppo economico spagnolo), nemmeno una parola. Ma la Rodriguez non si pone barriere nazionali: “La protesta andrà avanti: se Madrid continua a non ascoltarci vorrà dire che porteremo le nostre istanze fino al Parlamento europeo”.
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Tokyo, 20 gen. (Adnkronos) - Sono sole, spesso in difficoltà economiche. Tanto che sarebbero disposte a pagare per restare in carcere. Perché qui ricevono pasti regolari, assistenza sanitaria gratuita, la compagnia di cui sono prive all'esterno. Succede nel più grande carcere femminile del Giappone, quello di Tochigi, a nord di Tokyo in Giappone. Lo racconta la Cnn, a cui è stato concesso, evento molto raro, di entrare nel centro di detenzione. Le cui celle sono piene di anziane, magari dietro alle sbarre per reati minori quali il furto di cibo al supermercato. Le guardie raccontano che il problema più acuto è quello della solitudine.
Tanto che, ha detto Takayoshi Shiranaga, agente della prigione femminile di Tochigi, "ci sono persino persone che dicono che pagherebbero 20mila o 30mila yen (130-190 dollari, ndr) al mese se potessero vivere qui per sempre". E "ci sono persone che vengono qui perché fa freddo o perché hanno fame", ha aggiunto Shiranaga. Inoltre chi si ammala ''può ricevere cure mediche gratuite mentre è in prigione, ma una volta fuori devono pagarle di tasca propria, quindi alcune vogliono restare qui il più a lungo possibile''. In tutto il Giappone, il numero di detenuti di età pari o superiore a 65 anni è quasi quadruplicato dal 2003 al 2022. "Ora dobbiamo cambiare loro i pannolini, aiutarli a fare il bagno, a mangiare", ha detto Shiranaga. "A questo punto, sembra più una casa di cura che una prigione piena di criminali condannati", ha aggiunto.
Tra le pareti rosa chiaro e i corridoi stranamente sereni della prigione Tochigi, la Cnn ha incontrato Akiyo, nome di fantasia di una detenuta di 81 anni. "Ci sono persone molto buone in questa prigione - ha detto - Forse questa vita è la più stabile per me". Una detenuta di 51 anni, nome di fantasia Yoko, è stata incarcerata per accuse legate alla droga cinque volte negli ultimi 25 anni. Ogni volta che torna, la popolazione carceraria sembra invecchiare, ha detto alla Cnn. Alcune persone ''commettono reati di proposito per venire arrestate e finire di nuovo in prigione, una volta che finiscono i soldi", ha affermato.
Il furto è di gran lunga il crimine più comune commesso dai detenuti anziani in Giappone, soprattutto tra le donne. Nel 2022 più dell'80% delle detenute anziane in tutto il Paese erano in carcere per furto, secondo i dati del governo di Tokyo. Alcuni lo fanno per sopravvivere. Il 20% delle persone con più di 65 anni in Giappone vive in povertà, secondo l'Ocse, rispetto a una media del 14,2% nei 38 paesi membri dell'organizzazione. Altri lo fanno perché hanno così poco al di fuori.
Le autorità giapponesi sono a conoscenza del problema, tanto che il ministero del Welfare ha affermato nel 2021 che i detenuti anziani che hanno ricevuto supporto dopo aver lasciato il carcere avevano molte meno probabilità di recidive rispetto a quelli che non l'avevano ricevuto. Da allora, il ministero ha intensificato gli sforzi di intervento precoce e i centri di supporto alla comunità per aiutare meglio gli anziani vulnerabili.
Il ministero della Giustizia ha inoltre avviato programmi per le detenute, per aiutarle a vivere in modo indipendente. Ovvero come riprendersi dalla dipendenza da sostanze stupefacenti e come gestire le relazioni familiari. Il governo di Tokyo sta anche valutando proposte per rendere i sussidi per l'alloggio accessibili a un numero maggiore di anziani. Sono 10 i comuni in tutto il Giappone che stanno testando iniziative per sostenere gli anziani senza parenti stretti. Il tutto mentre in Giappone la popolazione anziana sta aumentando così rapidamente che entro il 2040 il Paese avrà bisogno di 2,72 milioni di operatori socio-assistenziali. Il governo sta cercando di incoraggiare più persone a entrare nel settore e di 'importare' lavoratori stranieri.
Civitavecchia, 20 gen. - (Adnkronos) - Procedono spediti i lavori di realizzazione del prolungamento dell'antemurale Cristoforo Colombo che vedrà la diga foranea del Porto di Civitavecchia estendersi per ulteriori 400 metri in direzione nord ovest.
Sono in corso i lavori di realizzazione dello scanno di imbasamento (dove poggeranno i cassoni in calcestruzzo) con lo sversamento in mare del nucleo della scogliera costituita da massi di pezzatura ricompresa tra i 5 e i 1000 Kg. A breve verrà avviata la prefabbricazione dei cassoni in cls costituenti il corpo centrale della diga foranea di dimensioni 40x28x25 m.
"Tengo a sottolineare - dichiara il presidente dell'AdSP Pino Musolino - che stiamo rispettando tutti i tempi programmati per realizzare opere che doteranno il porto di Civitavecchia di infrastrutture adeguate e compatibili per il rilancio del settore portuale, con un occhio sempre attento alla transizione ecologica, alla sostenibilità e all'impatto ambientale".
Palermo, 20 gen. (Adnkronos) - "Qual è il suo sogno quando era piccolo?". "Questa è una domanda interessante, perché i sogni cambiano nel corso della vita, con l'età. Quando ero piccolo mi sarebbe piaciuto fare il medico, poi ho cambiato idea. Quando si è a scuola, crescendo, si studia un po' tutto. C'è un momento in cui bisogna scegliere cosa fare. Alla fine ho scelto il diritto, la legge". Così il Capo dello Stato Sergio Mattarella rispondendo ai bambini della scuola de Amicis di Palermo. "Non ho mai sognato di fare il calciatore perché non ero per niente bravo", ha aggiunto sorridendo.
Palermo, 20 gen. (Adnkronos) - "C'è molto di buono in questo paese, e questo mi conforta sempre". Così il Presidente della repubblica Sergio Mattarella ai bambini della scuola de Amicis di Palermo. "La fatica viene cancellate dal vedere cose buone che si vedono in Italia", ha detto.
Palermo, 20 gen. (Adnkronos) - "Le piacerebbe fare un altro lavoro?". Questa è stata a prima domanda rivolta dagli alunni della scuola de Amicis di Palermo al Capo dello Stato Sergio Mattarella, in visita a sorpresa questa mattina nel plesso. "Io sono vecchio - ha risposto - il mio lavoro non è quello che faccio adesso, il mio lavoro abituale era quello di insegnare Diritto costituzionale all'Università, ma ormai non lo faccio più da tempo. Questo impegno che svolgo ora non è un lavoro, è un impegno per la nostra comunità nazionale. E' faticoso, però è interessante perché consente di stare in contatto con la nostra società, con tutti i cittadini di ogni origine, ed è una cosa di estremo interesse".
Palermo, 20 gen. (Adnkronos) - "La musica, così come le iniziative sui libri, la cultura, sono il veicolo della vita, della convivenza, dell'apertura, della crescita personale e collettiva. E' quello che state facendo in questa scuola. Per me è davvero un motivo di soddisfazione essere qui e farvi i complimenti". Così il Capo dello Stato Sergio Mattarella incontrando i bambini della scuola De Amicis. Nel novembre scorso i bimbi della quinta C furono insultati mentre si esibivano davanti alla Feltrinelli, vestiti con abiti tradizionali africani. "Io ogni anno vado in una scuola per l'apertura dell'anno scolastico, ma non è frequente che vada in altre occasioni. Sono lietissimo di essere qui questa mattina- dice Mattarella- E ringraziarvi per quello che fate. Ringrazio i vostri insegnanti per quello che vi trasmettono e per come vi guidano nell'accrescimento culturale".
Palermo, 20 gen. (Adnkronos) - "Voi siete una scuola che con la cultura, la musica, la lettura, e altre iniziative di crescita culturale, esprime i valori veri della convivenza nel nostro paese e nel mondo, che sempre è più unito, connesso, sempre più senza confini. Ed è una ricchezza crescere insieme, scambiarsi opinioni e abitudini, idee, ascoltare gli altri. fa crescere e voi lo state facendo, per questo complimenti". Così il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella si è rivolto ai bambini della scuola De Amicis di Palermo. Nel novembre scorso i bimbi della quinta c, molti dei quali di origini africane, furono insultati per strada mentre si esibivano in uno spettacolo vestiti con abiti tradizionali. "Cercate di trovare la vostra strada secondo le vostre inclinazioni, auguri a tutti voi e complimenti", ha aggiunto. "Sono lietissimo di incontrarvi in questo auditorium che ci accoglie, ragazzi. Ringrazio la dirigente scolastica e i collaboratori, gli insegnanti e li ringrazio per quanto fanno. Voglio fare i complimenti a voi, siete bravissimi. Avete eseguito magistralmente questi due pezzi", ha detto ancora il Capo dello Stato parlando ai ragazzi che si sono esibiti in un breve concerto. "Non è facile con tanti strumenti ad arco, a fiato, a percussione. Complimenti ai vostri insegnanti e a voi".