MediciDinasty-Agus-316E’ un grande affresco sulla storia recente fiorentina, e che ha fatto e reso celebre Firenze nel mondo tutt’oggi, quello che in questa sala di colonne e volte e marmi si apre allo spettatore, prettamente anglosassone e anglofono. Un’operazione (mancava nella città di Renzi) certo, rivolta alle quaranta università americane che hanno sede nel capoluogo toscano ma anche alle migliaia di turisti a stelle e strisce che affollano l’Arno e dintorni, questo “The Medici Dynasty Show” (tutto in inglese, durata un’ora, 80 posti a replica) che ha debuttato a fine aprile e rimarrà in scena, con due cast, tutti le settimane, dal mercoledì ala domenica, fino a fine anno. Una tenitura monstre mai vista a Firenze per un prodotto, curato nei dettagli (costumi Tedavi 98, trucco e parrucco Filistrucchi), colto, raffinato, filologicamente valido, volutamente didattico e didascalico che in un’ora circa informi ed infarini gli ospiti del senso e dell’atmosfera unica della città che fu dei Medici.

Partendo da un incontro tra gli ultimi eredi medicei del 1737, Gian Gastone e la sorella Anna Maria Luisa, Elettrice Palatina che firmò con i Lorena il “Patto di Famiglia” che cedeva i beni medicei ma imponeva che nessuna opera fiorentina fosse portata via o spostata dal Granducato, il giovane autore Gherardo Vitali Rosati (momento d’oro per lui: al Teatro Magnolfi, produzione Metastasio, va in scena in questo periodo un’altra sua drammaturgia “Fumo blu” dopo la mise en espace dello scorso anno al La MaMa di New York) ha romanzato, tra dramma salato e strappi di ilare crepuscolare, una sorta di excursus e rievocazione dei temi e dei “padri” della città, un’ultima cena alla cui mensa si accavallano, tra magnificenza e stupore, i grandi che hanno reso Firenze la meraviglia a cielo aperto che oggi si porta in dote: Brunelleschi e Leonardo, Michelangelo e Botticelli, Galileo e Raffaello e Machiavelli, secoli di arte, epopea di invenzioni.

Attraverso la regia gagliarda di Fulvio Cauteruccio (impegnato anche in un “Porcile” pasoliniano per la regia di Valerio Binasco che debutterà al prossimo “Festival dei Due Mondi” a Spoleto) che pone i due duellanti, in questo ping pong di battute feroci, una partita a scacchi giocata alla velocità di un match di pugilato con colpi su colpi senza esclusione di tiri sotto la cintura, di un incontro di tennis con lungo linea fendenti a cercare i punti deboli dell’avversario, adesso vicino e parente e complice, ora nemico, contrario, da abbattere dialetticamente. E’ un palleggiare a gran ritmo e azione. Interessante la trovata registica del ballo nel finale, una danza macabra senza contatto, a rovistare rovinosamente su se stessi, a contorcersi come cavatappi affondando nelle sabbie mobili, roteare vorticosamente nelle pieghe del tempo che fugge.

MediciDynasty-Borrelli-05Gian Gastone (Riccardo Bono intesse un personaggio carico del peso del dramma di un’esistenza prostrata dal nome del casato, dell’impotenza e del nichilismo) con parruccone bianco e bardato di un velluto carico che gli grava sulle spalle, pieno di senso di morte che aleggia, stentato e incerto, ricorda senza deformità lo stereotipo del Riccardo III, nel suo pastrano che lo rende caracollante vuole graffiare per un’ultima volta dopo una vita segnata dall’ignavia, ora bambinesco, adolescenziale, sprofondato nel suo divano che lo inghiotte, imbronciato come un discolo bizzoso e lascivo, con una scia di malattia che lo pervade, un odore di morte che pare di sentirlo e annusarlo nell’aria. Anna Maria, in aperto contrasto cromatico, è in nero e la poliglotta Carolina Gamini, che ha tradotto anche il testo, è rigorosa e arcigna, fiera, dura, inflessibile ma anche protettiva, perno saldo.

La rappresentazione oggettistica dei due fratelli perdenti e sconfitti e sconsolati, all’alba del loro tramonto, sono i fiori secchi da una parte e la candela ormai consunta e lisa dall’altra in un quadro che in un solo attimo ci concede l’aridità, la sterilità, un sentimento di patologia. I luoghi citati come per magia appaiono sui grandi schermi che addobbano la sala, una trentina per lato, pannelli (la scelta ci ha evocato la mostra “Van Gogh Alive Experience”) che t’inchiodano la vista e che rendono un seducente attrito con l’arte antica che attorno alberga e s’annida.

Visto a Palazzo di San Giovannino dei Padri Scolopi Piazza San Lorenzo, Firenze, il 2 maggio’ 15.

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