Meno male che il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan martedì mattina aveva assicurato che “le raccomandazioni saranno molto in linea con quello che l’Italia sta già facendo”. In realtà, nella bozza del documento sui conti pubblici e le riforme che sarà approvato mercoledì i commissari europei sono meno teneri di quanto sperato dal titolare del Tesoro. E, mentre il premier Matteo Renzi prende tempo, avvertono che Roma deve intervenire per “compensare appropriatamente” l’impatto della sentenza della Corte costituzionale sul blocco della rivalutazione delle pensioni. E deve farlo in modo da “assicurare che l’Italia resti nel braccio preventivo del Patto, che sia rispettato il ‘margine di sicurezza’ sul deficit, che l’’obiettivo di medio termine’ sia raggiunto in quattro anni”. In caso contrario il governo dovrà scordarsi la possibilità di invocare la “clausola delle riforme” per ridurre il deficit strutturale solo dello 0,1% del pil invece che dello 0,5%. Differenza che vale oltre 6 miliardi di euro. Quell’opzione, infatti, sarà concessa solo a condizione che il Paese prenda “le misure necessarie per compensare l’impatto” della sentenza.
Non solo: è possibile che più in là, proprio a causa del buco aperto dal pronunciamento della Consulta, si renda necessario un “rapporto sul debito” italiano. Quello previsto dall’articolo 126 del Trattato sul funzionamento dell’Unione per tutti i Paesi membri che non stanno riducendo abbastanza in fretta la zavorra che grava sui conti pubblici e per quelli che rischiano un disavanzo eccessivo. Si tratta, in pratica, del primo gradino in vista di una possibile procedura di infrazione. Procedura che come ricordato dallo stesso Padoan domenica avrebbe “conseguenze gravissime” per lo Stato.
Nel febbraio scorso la Penisola si è salvata per il rotto della cuffia grazie alla nuova flessibilità concessa dalla Commissione, che ha tenuto conto delle riforme avviate e del calo del pil e li ha considerati ‘fattori rilevanti’ nel giustificare il mancato rispetto della regola del debito. Ma ora il quadro è destinato a cambiare, a seconda di come Palazzo Chigi e via XX Settembre decideranno di venire a capo della grana pensioni. Sarà per questo che, mentre Padoan promette un decreto in tempi brevi, il presidente del Consiglio temporeggia sostenendo che “c’è tempo” visto che in fondo la Corte non ha imposto di “pagare domani”.
Non mancano poi i rilievi sulle misure già messe in campo dal governo: sul fronte del taglio della spesa, si legge per esempio, “solo passi limitati sono stati ottenuti verso un miglioramento duraturo dell’efficienza della spesa pubblica, e la spending review non è ancora parte dell’esercizio a lungo termine”. In tutto l’Italia avrà sei raccomandazioni, e potrebbero aggiungersene altre nel corso della discussione di mercoledì nel collegio dei commissari Ue. Tra gli altri punti su cui intervenire ci sono le misure per ridurre la massa dei crediti deteriorati in pancia alle banche. Su questo fronte Padoan continua a promettere interventi rapidi, ma il modello della bad bank proposto finora non ha ottenuto il via libera di Bruxelles, che lo considera un aiuto di Stato.