Cinema

Festival di Cannes 2015, Le tout nouveau testament di Jaco Van Dormael in anteprima mondiale

Il 58enne belga, uno dei più visionari e bizzarri registi contemporanei che, se non fosse per il buffo atteggiamento da avventore da bar – in questo simile ad un altro folle gentiluomo come Aki Kaurismaki -, potrebbe essere definito il regista “maledetto” del cinema europeo

di Davide Turrini

Dio esiste. E vive a Bruxelles. Tratta parecchio male sua moglie e sua figlia. Quest’ultima, gelosa della popolarità del più celebre fratello, si diverte a far inviare sms alle persone con la data della loro morte. Questo l’incipit de Le tout nouveau testament, il nuovo film di Jaco Van Dormael in anteprima mondiale alla Quinzaine des Realisateurs di Cannes 2015. Il 58enne belga, uno dei più visionari e bizzarri registi contemporanei che, se non fosse per il buffo atteggiamento da avventore da bar – in questo simile ad un altro folle gentiluomo come Aki Kaurismaki -, potrebbe essere definito il regista “maledetto” del cinema europeo. Quattro film in 25 anni di carriera, tra cui l’ultimo magniloquente e avveniristico Mr. Nobody (2009) diventato in pochi mesi un clamoroso flop universale.

L’opera prima folgorante, Toto les heros, atterra proprio alla Quinzaine nel 1991, quel chilometro più in là sulla Croisette rispetto al Palais del Concorso e delle Palme d’Oro. Con lui, tra gli altri, ci sono Lupo Solitario di Sean Penn e Riff Raff di Ken Loach. Van Dormael però supera tutti gli “esordienti” ed è Camera d’Or. Chi all’epoca era già cosciente ricorderà che il racconto del signor Thomas, un uomo che crede di essere stato scambiato nella culla e che quindi ricostruisce con flashback e sequenze oniriche quella che è stata la sua vita e quella che sarebbe potuta essere, costò la bellezza di 3 milioni e mezzo di dollari alla coproduzione tra istituzioni belghe, tedesche, e della Comunità Europea, coronate anche da un notevole successo in sala. Quasi dieci gli anni di lavorazione di Toto les heroes, e ben otto i rifacimenti dello script. Davanti a Jaco si capì subito con chi si aveva a che fare: un tizio alla Michael Cimino, o alla Abel Gance, che pensa ad un cinema senza confini fisici e materiali, che non si pone di certo il problema di sforare il budget e la pazienza degli investitori.

Fortissimo l’impulso nella rappresentazione del doppio, come la mania di andare a ritroso, ricercare un raffinato e arzigogolato effetto “sliding doors” per i protagonisti malinconici di storie rocambolesche. Sul primo filone poetico insiste con L’Ottavo Giorno (1996) finendo diretto nel Concorso di Cannes con la vittoria del premio come miglior interpretazione maschile assegnata ai due protagonisti: Daniel Auteuil e Pascal Duquenne. Buddy movie tra un ragazzino down che fugge da un istituto per riabbracciare la madre e un manager stressato: 10 milioni in euro di budget e 33 milioni di dollari d’incassi. Inevitabile che Van Dormael tentasse il salto ancora più in alto, sviluppando uno script poeticamente più vicino alla sua seconda ossessione (sliding doors): Mr. Nobody (2009) con Jared Leto, Diane Kruger, Sarah Polley, e Rhys Ifans finisce al Festival di Venezia. Racconto zeppo di effetti speciali che costa 33 milioni di euro e guadagna solo 3 milioni di dollari: in Francia 142 mila euro e negli Usa quando esce nel 2013 poco più di 3mila dollari.

“I registi fanno i film, è l’industria che crea le scie che li portano al pubblico e decidono quali film possono entrare nel flusso. Il mio Mr. Nobody è rimasto bloccato da qualche parte, hanno deciso che non aveva chance”, spiegò Jaco quando venne in Italia un paio di anni fa al sito cinemaitaliano.info. “C’erano alle spalle due grossi investitori, Pathé e Wild Bunch, che hanno girato le spalle al film dicendo che non volevano spendere più soldi in distribuzione e promozione. E non lo hanno distribuito. Il suo destino si è deciso il primo giorno di programmazione in Francia, non era ancora finita la prima proiezione che mi hanno chiamato e mi han detto: “Il film è morto”.

Cappello di paglia, pantaloni azzurri a pinocchietto, e una pancia che sta per assumere connotati da mongolfiera, Van Dormael è ritornato sul set de Le tout nouveau testament. Con lui nella parte di Dio, Benoît Poelvoorde; la moglie è Yolande Moreau (Louise Michel) e la figlia del creatore Pili Groyne. Di budget non si parla, ma si discute molto di Deleuze. “Cinema e religione danno alla vita un senso”, ha spiegato ad una tv belga. “L’idea surrealista che dio esista e che la figlia di dieci anni decida il giorno della morte delle persone, innesca in esse la dinamica di recuperare qualcosa che si è perduto nel passato e ridosso della fine. Il tempo che viviamo è corto, l’ho sempre pensato”. L’anteprima mondiale è alla Quinzaine di Cannes il 17 maggio, mentre l’anteprima italiana sarà già a giugno al Biografilm Festival di Bologna.

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