La reazione della famiglia del giuslavorista ucciso dalle Br. L'ex ministro dell'Interno e l'ex capo della Polizia erano accusati a Bologna di cooperazione colposa in omicidio colposo. Secondo l'accusa, sottovalutarono gli allarmi del professore sulla sua sicurezza. L'estinzione sancita dal Tribunale dei ministri. Il procuratore D'Alfonso: "L'abbiamo chiesta noi"
Finisce nel nulla, per prescrizione, il procedimento contro Claudio Scajola e Gianni De Gennaro, indagati a Bologna per cooperazione colposa in omicidio colposo in relazione alla mancata concessione della scorta a Marco Biagi, il giuslavorista ucciso nel capoluogo emiliano dalle Brigate rosse il 19 marzo 2002. La prescrizione è stata dichiarata dalla sezione distrettuale del Tribunale dei ministri di Bologna. “Era la nostra richiesta”, si è limitato a dire il procuratore capo di Bologna Roberto Alfonso. Di ben altro tenore la reazione della famiglia Biagi: “La prescrizione consentirà agli indagati di non confrontarsi con la giustizia e con la realtà dei fatti”, ha detto all’Ansa il legale Guido Magnisi. “Mi limito a fare mia la considerazione della famiglia Biagi: per citare Jung, agli stessi soggetti coinvolti resta il doloroso e sofferente confrontarsi con le proprie coscienze“.
La replica arriva dal legale di De Gennaro, il professor Franco Coppi: “La richiesta avanzata dalla Procura di Bologna di sentire De Gennaro per sapere se intendeva avvalersi o meno dell’intervenuta prescrizione era inammissibile”, ha spiegato il legale. “L’indagato non può rinunciare alla prescrizione, possibilità invece ammessa per gli imputati”.
Scajola era stato chiamato a rispondere in qualità di ministro dell’Interno dell’epoca, De Gennaro in quanto capo della polizia. Il fascicolo dell’inchiesta bis sulla mancata scorta era stato aperto dallo stesso procuratore D’Alfonso e dal pm Antonello Gustapane in seguito alla trasmissione a Bologna di nuovi documenti, in particolare gli appunti dell’ex segretario del ministro Scajola, Luciano Zocchi, emersi nel caso Scajola-Matacena. Alla base dell’inchiesta, i ripetuti allarmi di Marco Biagi e di persone a lui vicine sulla sua incolumità dopo la pubblicazione del Libro bianco sulla riforma del lavoro. Allarmi che, secondo l’accusa, sarebbero stati colpevolmente sottovalutati dai responsabili della sicurezza pubblica dell’epoca.
La Procura aveva concluso l’indagine a fine febbraio, chiedendo al tribunale dei ministri di procedere nelle forme di rito all’interrogatorio di Scajola e De Gennaro, anche per sapere se intendevano o meno avvalersi dell’intervenuta prescrizione. Aveva poi chiesto di disporre l’archiviazione per intervenuta prescrizione nel caso i due indagati non rinunciassero.
A quanto si apprende, le difese di Scajola e De Gennaro, rappresentati rispettivamente dagli avvocati Giorgio Perroni e Franco Coppi, non hanno fatto richiesta di interrogatorio, ma si sono affidate a memorie scritte, senza esprimere volontà di rinunciare alla prescrizione. Prescrizione dichiarata quindi dal collegio del tribunale.
“Bologna continuerà a sostenere il ricordo di Marco Biagi e continuerà a fare le iniziative opportune”, ha affermato il sindaco Virginio Merola. E riprendendo le parole dei familiari del professore assassinato sotto casa dalle Br ha aggiunto: “Detto questo ci sono le coscienze dei singoli, ma queste le giudicheranno i cittadini e la storia”. Il sindaco aveva auspicato la rinuncia alla prescrizione da parte dei due indagati: “Lo avevo chiesto e mi sembrava opportuno. E la richiesta rimane”.