Sono già passati vent’anni. O forse toccherebbe dire, sono solo passati vent’anni. Il 12 maggio 1995 moriva Mia Martini. Non ci lasciava, non volava dagli angeli a insegnare loro qualcosa, sicuramente passava a miglior vita, ma nei fatti moriva, e moriva male, sola, abbandonata da cari e colleghi. Usciva di scena, ma in realtà non ci era mai tornata del tutto, messa al bando dalla cattiveria di un ambiente, quello musicale, mai come nel suo caso poco poetico e tanto impietoso. Artista di spessore, titolare post-mortem del Premio della Critica del Festival della Canzone Italiana di Sanremo, proprio per lei ideato nel 1982, quando per l’ennesima volta non vinse con una splendida E non finisce mica il cielo, Mia Martini è stata, e tutt’ora è , una delle voci più importanti della nostra musica leggera.
Capace di dare un senso compiuto alla voce del verbo “interpretare”, l’artista calabrese ci ha regalato nel corso di circa trent’anni di carriera molte canzoni destinate a rimanere nella storia della nostra musica leggera, si pensi a Minuetto e Piccolo uomo, tanto per citare gli anni settanta, o la stessa E non finisce mica il cielo, scritta per lei da Ivano Fossati, suo compagno nella vita, come una sorta di cinico biglietto d’addio, o i brani del suo ritorno, dall’immortale Almeno tu nell’universo, passando per Donne o Gli uomini non cambiano. Si, perché la carriera di Mia Martini, nata a Bagnara Calabra nel 1947, iniziata negli anni Sessanta e baciata dal successo, nazionale e internazionale negli anni Settanta, nella decade successiva ebbe un tragico stop. Proprio dopo il Sanremo che le regalò il premo della Critica Mia, che tutti chiamavano Mimi’, decise di ritirarsi dalle scene.
Una scelta difficile, tragica. Il motivo è di quelli tremendi, tutti, o quasi, negli ambienti, dicevano portasse sfortuna. Anzi, per essere precisi, dicevano portasse sfiga. Ancora oggi, (e chi scrive lo può testimoniare, ndr), alcuni addetti ai lavori e colleghi fanno gesti scaramantici a sentire il suo nome. Per questo era stata praticamente messa al bando, le sue canzoni non venivano passate da radio e tv, lei non veniva invitata, i suoi concerti non venivano promossi e le date saltavano. Inizierà, per lei, un periodo tremendo, cui metterà fine una coppia di discografici, Giovanni Sanjust e Lucio Salvini, che la riporteranno sulle scene in una maniera indimenticabile, sempre al festival con Almeno tu nell’universo. D qui, siamo nel 1989, la carriera di Mimi’ ripartirà, ma sempre con fatica, perché le voci cattive sono difficili da abbattere.
Ci sarà ancora Sanremo, da sola o in compagnia di una ritrovata Loredana Berte’, sua sorella. Ma tale era stata la paura di aver chiuso con la musica che Mimi’ preferirà non curare un fibroma che le viene diagnosticato, per paura di una pausa che le potrebbe costare una nuova uscita di scena. Quando il 14 maggio del 1995 verrà trovata morta da due giorni nella sua casa di Cardano al campo, in provincia di Varese, le voci ufficiali parleranno proprio delle mancate cure per il fibroma come cause scatenanti della sua morte improvvisa, ma in molti penseranno al suicidio. I due giorni tra la morte e il ritrovamento, in effetti, stridono come unghie sulla lavagna. Da quel momento, come spesso capita a chi muore, ci sarà la corsa a dire quanto le si voleva bene, quanto era brava. Ci saranno anche polemiche, tra la Berte e suo padre, ma saranno solo rumori di fondo. Oggi sono già vent’anni che Mia Martini, una delle più grandi voci che la nostra musica abbia mai avuto, è morta, da sola, nel suo letto. A ucciderla, la cattiveria di chi non sa dare il giusto peso alle parole.