Ancora scontri tra la minoranza del Partito democratico e il presidente del Consiglio. Slitta l'elezione del nuovo leader del gruppo a Montecitorio. Il fuoriuscito Civati annuncia referendum per togliere i nominati dalle liste, mentre Prodi critica la riforma della legge elettorale. Bersani: "Rischio trasformismo"
Fassina contro Renzi. Speranza contro Renzi che va contro Fassina. Poi sullo sfondo le critiche di Bersani e addirittura quelle di Prodi all’Italicum, Civati che annuncia un referendum per togliere i nominati dalle liste e una pace con la minoranza Pd che è sempre meno vicina e sempre meno probabile. Il Partito democratico si presenta alle elezioni Regionali a pezzetti mentre nelle retrovie è guerra di tutti contro tutti, o almeno di una parte contro un’altra. Tanto per fare un esempio, l’elezione del prossimo capogruppo a Montecitorio è stata rimandata a dopo le Regionali di fine maggio per evitare nuove polemiche e uno scontro in Parlamento che farebbe solo del male al leader e ai suoi fedelissimi. Il dimissionario è Roberto Speranza, bersaniano esponente della minoranza Pd che non ha accettato la decisione del governo di mettere la fiducia sull’Italicum e che ora è difficile sostituire senza creare nuovi malumori.
Intanto lo stesso Speranza ha commentato le frasi del presidente del Consiglio a RepubblicaTv su Stefano Fassina (“Se non rimane nel partito è un problema suo”).”Renzi sbaglia”, ha detto il deputato ed ex capogruppo, “non è un problema solo di Fassina se uno come lui ha dubbi sul Pd. E’ un problema di tutto il Pd”. Sullo sfondo resta la polemica con Pippo Civati che la scorsa settimana ha deciso di abbandonare il Partito. “Chi se ne va”, ha detto il segretario democratico, “va rispettato. Ma il fatto che questo avvenga per fare un movimento personale. Dicevano a me che personalizzavo il partito, ora vado sul sito di Civati e leggo ‘aderisci a per Civati’, a una sigla. E’ il colmo”.
Oggi nelle polemiche è intervenuto anche l’ex presidente del Consiglio Romano Prodi che ha espresso le sue perplessità sulla riforma della legge elettorale approvata dal Parlamento. “Sull’Italicum ho sempre preferito non pronunciarmi”, ha detto a SkyTg24, “Ci sono aspetti che turbano, come i 100 capolista e soprattutto la pluralità di candidature, per cui alla fine si viene a gestire dall’alto un numero rilevantissimo di parlamentari. Questi rilievi sono rilievi oggettivi su di un meccanismo che può produrre problemi. Però non voglio dare un giudizio complessivo su questa legge, per non contraddirmi rispetto a quello che ho detto: sono fuori quindi è bene che abbia un minimo di prudenza”. Proprio su questo Civati ha annunciato che nelle prossime ore sarà presentato una richiesta di referendum per chiedere di togliere i nominati dalle liste dell’Italicum: “Sarà contento”, ha detto, “chi come Prodi dichiara che sono preoccupanti, come lo sono le pluricandidature. La nostra proposta è aperta al contributo di altri. Quello che non ha potuto fare il Parlamento, lo faranno i cittadini”.
Poi in serata è stata la volta di Pierluigi Bersani: “Dire, come fa Renzi, che la sinistra è masochista”, ha dichiarato al Tg1, “è una mistificazione: abbiamo visto che si può vincere essendo fedeli agli ideali di un centrosinistra alternativo alla destra”. E sull’Italicum: “Ci porterà a una strada di demagogia e trasformismo. Ora c’è la riforma costituzionale: si fa un Senato delle Regioni e già immagino i tavoli dove si tratterà per fare l’assessore o il senatore. Spero che si modifichi quel testo”.
Ma se il presidente del Consiglio punta a rimandare i problemi interni a dopo il voto di fine maggio, la minoranza invece vuole approfittare dell’appuntamento elettorale per lanciare l’allarme della gestione del partito. “Nel Pd c’è una diaspora in atto”, ha detto il senatore bersaniano Alfredo D’Attorre, “che temo anche i prossimi risultati elettorali confermeranno. Civati ha seguito molti che già hanno lasciato il Pd sui territori in maniera silenziosa. Probabilmente, data la disgregazione del centrodestra, noi vinceremo in tutte le regioni ma con dati di astensionismo e un risultato del Pd che segnerà il fatto che c’è un mondo vasto di sinistra che non si riconosce più nelle posizioni e nelle politiche che Renzi sta praticando”.