Manifestazione dei giovani mediciMaria si toglie il camice. Lo ripone nell’armadio. Clic, sembra stupita da quel rumore che ha accompagnato la fine di ogni giornata di lavoro per trentasette anni. Succede così, dunque. Sei entrata in ospedale che eri un medico, un dipendente pubblico, e ora sei in pensione.
Lei, però, non è tipo da solennizzare, appena qualche stretta di mano, una collega in un angolo con gli occhi lucidi. Maria si tiene tutto dentro. Eppure a guardare il suo passo appena più incerto mentre varca la soglia – “buongiorno”, al portinaio, come sempre – capisci quanti ricordi senta dentro: gli anni di studio, il concorso. E i primi incarichi, la responsabilità di avere in mano la vita delle persone, le speranze e i dolori. I tanti volumi studiati per tenersi aggiornata, per superare esami.
“Butterò tutto via. Non ha senso che stiano lì a prendere polvere”, ha già deciso. Chissà se ha fatto un calcolo: diecimila giorni, più o meno. Quelli di malattia si contano sulle dita di una mano. Migliaia e migliaia di mattine ad alzarsi all’alba, alle cinque. Mai, mai un ritardo. Alle sei la vedevi sfrecciare sempre con la sua auto. Oppure arrampicarsi a piedi su per la collina quando un malato le chiedeva una visita. Non c’era pioggia che tenesse. “Vengo”. Il profumo di ulivi, di erba che si intiepidiva all’alba le è rimasto dentro. Come l’odore acido del disinfettante.

Adesso è finito. Senza celebrazioni, né pergamene. Lo Stato non ringrazia. In fondo lo sapeva, e nemmeno le interessa. Però una cosa fa male. Maria ricorda ancora l’abbraccio forte, l’orgoglio di suo padre: “Sei assunta, dipendente pubblico!”. Voleva dire sicurezza, stipendio. Ma anche un dovere, più grande forse di altri. Così era stato per lui, per la madre di Maria, due maestri.

Era un onore, una volta: medici, maestri, impiegati, magistrati, postini, ferrovieri. Avevano un compito da svolgere per il bene di tutti. Anche questo voleva dire “pubblico”. Ora no: “I dipendenti pubblici pesano per l’11% del pil”, titola un giornale che Maria tiene in mano. “Certo, ci sono stati degli errori. Sono stati tutelati i furbi insieme con chi meritava”. Ma fa male vedere la tua vita considerata così: un peso.

Come se la rovina del Paese fosse tutta colpa dei dipendenti pubblici. Non della corruzione, della mafia. Forse Maria vorrebbe rispondere che in Italia solo 58 persone su mille sono dipendenti pubblici contro i 135 della Svezia, i 94 della Francia, i 92 del Regno Unito. Vorrebbe dire che gli stipendi medi sono tra i più bassi d’Europa. E lei, al vertice della carriera, guadagnava 500 volte meno di Sergio Marchionne, di manager che si arricchiscono maneggiando azioni di carta, non vite. Ma non l’ha fatto per questo: non ha bisogno di papiri, di essere ricordata. Sulle spalle sente ancora l’abbraccio di suo padre. Non l’ha deluso.

Il Fatto Quotidiano del Lunedì, 11 maggio 2015

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