Residenti di Cisliano (Milano) e istituzioni locali si accamperanno all’interno, dormiranno in camper, attivisti antimafia e amministratori, sorvegliando l’immobile preda di continui atti criminali. Un presidio permanente che andrà avanti fino a quando il Comune otterrà l’assegnazione provvisoria o definitiva dell’immobile da parte dell’Agenzia dei beni confiscati
Restituire alla cittadinanza ‘La Masseria’ di Cisliano (Milano), confiscata al clan Valle, è diventata un’impresa che necessita azioni eroiche: dalle 10 di mercoledì 13 maggio cittadini e istituzioni locali si accamperanno all’interno dell’ex reggia della ‘ndrangheta: dormiranno in camper, attivisti antimafia e amministratori, sorvegliando l’immobile preda di continui atti criminali. Un presidio permanente che andrà avanti fino a quando il Comune otterrà l’assegnazione provvisoria o definitiva dell’immobile da parte dell’Agenzia dei beni confiscati.
La volontà è che quel luogo tolto alla mafia diventi uno spazio di housing sociale dedicato agli sfrattati per morosità incolpevole, un luogo per vendere e cucinare prodotti a km zero del Parco Sud con l’inserimento di cassaintegrati e giovani disoccupati e in cui organizzare iniziative di approfondimento per le scuole sulla presenza della criminalità organizzata sul territorio.
Il presidio locale di Libera ‘Angelo Vassallo’ da mesi sollecita le autorità, e lo stesso sindaco Luca Durè il 21 aprile scorso ha tenuto in piazza un consiglio comunale ad hoc a cui hanno partecipato più di duecento persone. Ma alle numerose richieste l’Agenzia, che a Milano ha solo tre operatori su un totale di 50 in tutta Italia, non ha mai risposto. Nei quattro anni successivi al sequestro del 2010 nessuno ha mai violato La Masseria; con la sentenza definitiva la situazione cambia: il 13 ottobre 2014 il bene è confiscato e inizia una distruzione sistematica della struttura.
“I vandali, e sottolineo vandali con quattro virgolette, hanno prodotto danni per 500mila euro”, afferma il referente di Libera Lombardia Davide Salluzzo, “Qualcuno è salito sul tetto per togliere delle tegole: lo scopo? Far fare ai muri infiltrazioni d’acqua per rendere inutilizzabili i locali, o utilizzabili solo spendendo decine di migliaia di euro in sistemazione. Tanto per essere chiari è curioso che i costosi televisori a schermo piatto non sono stati sfiorati: ‘qualcuno’ ha tagliato i cavi elettrici, ma nessuno li ha portati via per il valore del rame o rubato le tv”.
Per anni La Masseria di via Cusago è stata quartiere generale dei Valle, la famiglia di ‘ndrangheta alleata al clan dei Lampada e legata ai De Stefano originaria di Reggio Calabria, controllando il settore immobiliare, del gioco d’azzardo e della ristorazione del Sud Ovest milanese e del pavese. Nel 1979 il patriarca Francesco Valle per sottrarsi a una faida tra ‘ndrine fugge al nord. L’usura è la sua specialità e a Cisliano crea la sua reggia: ‘Ristorante Pizzeria’ recita l’insegna verde del cartellone lungo la Strada provinciale Milano-Baggio. Prati e laghetti artificiali, maestosi salici piangenti, leoni in marmo e anche una piscina: non è certo un ambiente sobrio, ma qualche cliente ci organizzava anche il ricevimento di matrimonio.
Ma quando il primo luglio 2010 la squadra mobile di Milano arresta quindici persone scopre che la Masseria era la roccaforte in cui i Valle convocavano chi non pagava il pizzo per minacciarli e picchiavano gli usurati in ritardo coi pagamenti. Il sospetto oggi è che qualcuno, quel luogo, se lo voglia riprendere. O impedirne l’assegnazione per i consistenti costi di riparazione. E che lo stia facendo con la forza e alla luce del sole: non è raro infatti vedere anche di giorno camion entrare illegalmente nel recinto dell’ex ristorante-fortino per caricare materiale. In poche settimane la struttura d’ingresso fatta da pesanti travi e colonnati è stata smontata, gli arredi dei locali interni portati via; porte, vasche idromassaggio, finestre irrimediabilmente rotte. Smontato anche l’imponente cancello con le relative recinzioni in acciaio inox, ma i bulloni con cui era avvitato al cemento sono ancora lì. Come se il messaggio di chi ha compiuto l’azione fosse: lo possiamo rimettere quando vogliamo, ma i tempi li stabiliamo noi.