Scuola

Prove Invalsi 2015: tanto rumore per nulla?

Le contestazioni alle valutazioni Invalsi sono ormai una tradizione consolidata. Dall’introduzione delle prove nel 2007, ogni anno si forma una coalizione di insegnanti, alunni e genitori che si schiera contro. Da un lato questi esprimono la loro opposizione in maniera molto visibile, partecipando a scioperi e invitando al sabottaggio. La loro paura delle prove Invalsi si manifesta anche più subdolamente, attraverso i brogli degli studenti. A detta di Roberto Ricci, responsabile Area Prove dell’Invalsi, ciò avviene sempre più spesso attraverso la collusione con gli insegnanti. Quattrogatti.info aveva già affrontato il tema in un articolo di settembre: i brogli avvengono soprattutto nelle province meno benestanti del Sud Italia, laddove i risultati accademici lasciano più a desiderare e i docenti stessi potrebbero sentirsi sotto esame.

Le tante polemiche a riguardo, incentrate sulla validità e l’utilità delle prove Invalsi, non devono distrarre dalla macro-tendenza di lungo termine. La realtà è che, per quanto una parte dei sindacati dei docenti tema la valutazione esterna, i test standardizzati stanno diventando una prassi consolidata. Il “cheating“, ovvero l’indicatore statistico adottato dall’Invalsi per stimare i brogli, segna una diminuzione costante dal picco raggiunto nel 2010. Ogni anno, l’Invalsi somministra sempre più test a più classi diverse. Per Anna Maria Ajello, direttrice dell’Invalsi, potrebbero iniziare presto anche nelle quinte superiori ed entrare a far parte dell’esame di maturità. E’ una trend globale, non italiano. Soprattutto grazie allo stimolo dell’Ocse, i quiz vengono svolti sempre più omogeneamente in tutta la Ue.

In questa luce, è fin troppo facile criticare la scelta dei sindacati delle scuole – Flc-Cgil, Cisl scuola, Uil scuola, Gilda, Snals e Cobas – di indire scioperi durante i giorni delle prove delle elementari. In fondo, anche con l’emergere delle prove Invalsi, rimaniamo pur sempre, secondo l’Eaca, uno dei Paesi europei che sta adottando più lentamente le valutazioni massive. Inoltre, la paura di molti dei docenti rappresentati dalle sigle sindacali – che una valutazione arbitraria possa essere usata come giustificazione per aprire e chiudere scuole e cambiare di ruolo gli insegnanti – non ha riscontro normativo. Le valutazioni Invalsi sono, per legge, unicamente a scopo informativo.   

Tuttavia, è utile capire come le paure dei sindacati trovino delle fondamenta nei precedenti di altri Paesi. Ad esempio, in Inghilterra, i risultati dei test sono un criterio decisivo nelle decisioni su quali distretti scolastici debbano ottenere determinati fondi.

Negli Stati Uniti, i ragazzi svolgono anche cinque test federali e statali ogni anno. A partire dalla legge No Child Left Behind di George Bush, i risultati dei test vengono aggregati a livello di classe e devono essere considerati per valutare la performance dei docenti. In molti Stati, un docente di una classe che peggiora per 2 o più anni di fila può rischiare il posto di lavoro. Di conseguenza l’istruzione americana è sempre più ossessionata dalla preparazione ai test, a scapito di una pedagogia più olistica.

Negli ultimi quindici anni, molte città con sistemi scolastici disagiati – Miami, New York e Chicago in primis – hanno portato all’estremo questa politica, decretando la chiusura o la fusione delle scuole in cui i test rilevassero risultati accademici troppo al di sotto di determinati punteggi.

A causa di questi estremi, anche in America si inizia a vedere un movimento di protesta. Nell’ultimo anno, molti sindacati si sono mobilitati contro l’implementazione del Common Core – un sistema di standard che in molti distretti scolastici renderebbe ancor più incisivo l’impatto delle valutazioni esterne. Questa primavera, in diversi Stati, per la prima volta molti genitori hanno incoraggiato i figli a consegnare in bianco alcuni test.

In Italia, le valutazioni Invalsi non verranno mai usate a questi fini. Poiché i test non hanno un vero impatto sulla gestione delle scuole, la maggior parte dei ragazzi tollera e compila i quiz più diligentemente ogni anno che passa. Certo, rimarranno sempre i genitori preoccupati che i figli risentano lo stress di un esame di cui non gli è chiaro lo scopo. Rimarranno anche i ragazzi che scendono in piazza per boicottare. Sono, in fondo… ragazzi.

Per contro gli scioperi dei docenti – quelli di quest’anno sono ad oggi la contestazione più significativa mai svolta nei confronti dell’Invalsi – sono più comprensibili se si pensa all’uso dei test che si è fatto in altri Paesi. In futuro si potranno evitare solamente incentrando il dibattito pubblico sull’uso che si fa dei risultati, piuttosto che sull’utilità pedagogica dei quiz.

Di Lorenzo Newman