C’è chi parla di “cappello politico”, chi di “strumentalizzazioni”, e chi sottolinea che “tutti debbono poter protestare per i propri diritti, ma poi ci sono anche i doveri”. Ha sollevato un polverone Bologna tra le fila del centrosinistra la manifestazione nazionale dei Rom e dei Sinti, che sabato 16 maggio, a 70 anni dalla ribellione nel lager di Birkenau, sfilerà per le strade della città capoluogo dell’Emilia Romagna. Se, infatti, Fratelli d’Italia, Forza Italia e Forza Nuova sono pronti a contestare il corteo, anche all’interno della coalizione democratica c’è chi critica l’operato del Comune capitanato dal sindaco Pd Virginio Merola. Soprattutto a causa della posizione assunta dall’assessore al Welfare, la vendoliana Amelia Frascaroli, secondo qualcuno “troppo impegnata in prima persona” affinché l’appuntamento di sabato si svolga nella maniera migliore possibile. Causa della lite in casa Pd, infatti, è una riunione convocata nei giorni scorsi dall’assessore con i presidenti dei quartieri bolognesi che ospitano campi Rom e Sinti, secondo Frascaroli già in programma da tempo, ma per qualcuno “un invito rivolto alle altre istituzioni a prendere parte all’evento che denota troppo protagonismo”.
Capofila del fronte dei ‘critici’ è il renziano consigliere regionale Giuseppe Paruolo, secondo cui il ruolo di primo piano assunto da Frascaroli nell’organizzazione della manifestazione è in realtà “un cappello politico istituzionale imposto all’appuntamento”. “Io sono assolutamente a favore di un atteggiamento di accoglienza – sottolinea Paruolo – ma non vedo la necessità di protagonismi”. Più o meno le parole usate anche dal vicepresidente della Regione Emilia Romagna Elisabetta Gualmini, a sua volta critica rispetto alla posizione dell’assessore al Welfare di Palazzo Re Enzo, “una strumentalizzazione”. “E’ giusto che Rom e Sinti manifestino e che noi ascoltiamo le loro richieste – punta il dito Paruolo – ma mettersi, come Comune, a organizzare il corteo è un passaggio ulteriore di cui non mi sembrava ci fosse la necessità, e comunque se ne poteva discutere prima. Altrimenti significa che c’è chi ci vede qualcosa di specifico nella manifestazione, e non mi è chiaro se le rivendicazioni espresse debbano essere promosse”.
Critiche a cui la stessa Frascaroli ribatte difendendo il proprio operato. “Io non sto organizzando le masse perché vadano al corteo – precisa a ilfattoquotidiano.it – da almeno un mese avevamo in programma un incontro con i presidenti dei quartieri che ospitano le aree di sosta per incontrare i residenti e discutere assieme degli episodi che si sono verificati, dall’aggressione all’auto di Matteo Salvini fino a quella del consigliere di Forza Italia. Volevamo fare il punto, e capire come aiutare Rom e Sinti, visto che il clima non è dei migliori”. L’incontro con una delegazione della comunità sinta, promotrice dell’appuntamento del 16 maggio, a cui era stata invitata anche la presidente della Camera, Laura Boldrini (ma alla fine verrà il senatore Pd Luigi Manconi), precisa quindi Frascaroli, “è stato un momento di confronto. Affinché la manifestazione parli, non di accoglienza, perché queste comunità sono italiane da generazioni, ma di convivenza, così come ci richiede la nostra Costituzione. Trasmettendo quindi alla città e al paese un messaggio sul tema della convivenza civile e pacifica”.
Ma anche i presidenti dei quartieri presenti alla riunione, tutti in quota Pd, hanno espresso qualche perplessità sulla posizione dell’assessore al Welfare. Come Nicola De Filippo, Borgo Panigale, che ospita un campo Rom da sei piazzole, per un totale di circa 70 – 80 persone. “Quando parliamo di diritti tutti devono poter manifestare, però, come per tutti italiani, anche queste comunità hanno dei doveri. Quindi bene il corteo per rivendicare i propri diritti, ma non dimentichiamoci dell’altra faccia della medaglia”. Un esempio lo fa Daniele Ara, presidente del Quartiere Navile, che attualmente ospita un campo Sinti provvisorio da 58 persone. “In questi anni non ci sono stati particolari problemi con i residenti, anche se qualcuno usa queste comunità per farsi campagna elettorale. Tuttavia è vero che sono pochissimi i Sinti del campo che pagano le utenze. Il campo del Navile non ha un contatore intestato, paga il Comune che poi va riscuotere. Solo che si fa fatica”.