Allegri e Luis Enrique guadagnano rispettivamente 2,5 e 6 milioni di euro. Il paragone con Ancelotti, ma soprattutto con Mourinho e Guardiola, è impietoso. E ora chi aveva deciso di fare a meno di Acciuga e dell'asturiano (vedi Milan e Roma) si mangia le mani. Una rivincita sul campo, non nel portafogli
Uno venne cacciato dal Milan dopo la sconfitta con il Sassuolo, l’altro si accomodò su un pallone nel mezzo del prato di Trigoria e annunciò l’addio appena 337 giorni dopo la firma del contratto. Il 6 giugno Massimiliano Allegri e Luis Enrique si ritroveranno faccia a faccia per giocarsi la Champions League e forse il triplete. Hanno fermato le corse di Real Madrid e Bayern Monaco, che detto in altri termini vuol dire Carlo Ancelotti e Pep Guardiola. Due rivincite pesanti, figlie di percorsi diversi ma con una destinazione comune, Berlino, e una finale che premierà solo uno dei due. Anche se quella di Allegri verrà annoverata a freddo tra quelle che gli americani considerano una win-win situation, partite dalle quali non si esce sconfitti. Per il percorso compiuto dalla sua Juventus, per l’eliminazione del Real Madrid e per come era stato accolto a Vinovo lo scorso luglio. E anche perché, se i risultati si calcolassero in rapporto allo stipendio, i colleghi già a casa dovrebbero coprire ancora molta strada prima di arrivare al coefficiente del livornese.
Allegri ha firmato un contratto da 2,4 milioni di euro a stagione, Pep Guardiola ne guadagna più di 16. Ci vorrebbero quindi cinque finali con il Bayern per aver svolto un lavoro buono quanto quello dell’allenatore bianconero, in questa stagione s’intende e al netto delle Champions che ha già vinto. Carlo Ancelotti avrebbe bisogno di qualificarsi alle finali 2016, 2017 e arrivare almeno in semifinale nel 2018 per ripagare i quasi 8 milioni di euro che Florentino Perez ha versato sul suo conto in banca, sempre senza contare che lo scorso anno ha trionfato proprio lui. A Berlino invece ci arrivano i due allenatori meno ricchi, più contestati nelle loro dimore attuali e con un passato recente turbolento in due piazze italiane. Allegri seppe tramite una telefonata di Adriano Galliani che la sua avventura rossonera era terminata. Al suo posto sulla panchina del Milan si accomodò Clarence Seedorf e sei mesi dopo toccò a Pippo Inzaghi, ora anche lui con le valigie in mano dopo appena un anno e con una squadra nelle stesse condizioni in cui la lasciò Allegri nel gennaio 2014. Luis Enrique a Roma uscì ai preliminari di Europa League e chiuse al settimo posto in classifica, ma nonostante le campagne acquisti degli anni successivi né Zeman né Garcia hanno rimpolpato la bacheca giallorossa. Sputi e insulti “salutarono” Acciuga al suo primo giorno di Juve. È andata meglio all’asturiano a Barcellona, ma ha dovuto comunque incassare la domanda della stampa: “Perché ha uno stipendio di 6 milioni di euro?”. Dieci mesi dopo la risposta è in una Liga quasi vinta, una finale di Copa del Rey alle porte (contro l’Athletic Bilbao, 30 maggio) e una Champions a portata di mano. Allegri ha lo scudetto sul petto, il 20 si gioca la Coppa Italia contro la Lazio e poi si concentrerà su Berlino.
Si dirà: beh, Enrique ha Messi-Suarez-Neymar. Poi però bisogna motivarli e farli coesistere. Non ci vuole quell’Harry Potter che lui disse chiaramente di non essere appena arrivato a Trigoria, ma l’allenatore pesa. La dimostrazione è proprio nel suo avversario del 6 giugno, chiamato in fretta e furia a metà luglio dopo l’addio di Antonio Conte che non credeva nelle potenzialità europee della Juventus. È un po’ una sconfitta anche per Roma, come piazza più che come dirigenza, e Milan o – vedendola con chi attribuisce una percentuale mai superiore al 25 per cento al valore degli allenatori nelle vittorie – la dimostrazione che i giocatori fanno la differenza? La certezza sta nel mezzo: Luis Enrique e Massimiliano Allegri non sono due qualunque nel loro mondo. Si sono accreditati definitivamente in questa stagione.
E fa un po’ sorridere immaginare lo scenario tra qualche settimana. Quando loro rimarranno a Torino e Barcellona e riceveranno (forse) un adeguamento del contratto, più o meno sensibile. Mentre attorno ad Ancelotti e Guardiola si scateneranno aste che faranno probabilmente lievitare i loro già grassi stipendi. Il Manchester City corteggia l’italiano da mesi, per l’ex Barcellona c’è la fila e sarà lui a decidere. Probabilmente rimarrà al Bayern Monaco. Guadagnando più di tutti, quasi. Perché il rinnovo firmato da Mourinho vale 17 milioni di euro a stagione. E fa niente se il Chelsea ha chiuso la sua Champions League agli ottavi.