Ukip nella bufera. Secondo la Bbc sono sempre più gli esponenti del partito euroscettico che chiedono a Nigel Farage di concorrere a una regolare sfida per la leadership. La guida dell’Ukip ha prima dato le dimissioni dopo la mancata elezione a Westminster, promettendo di prendersi una pausa di riflessione, per poi ritornare in sella al partito pochi giorni dopo. Nonostante i 4 milioni di voti collezionati alle elezioni (13%), per via del sistema maggioritario uninominale in vigore oltremanica il partito ha ottenuto un solo seggio e la bocciatura dello stesso Farage nel suo collegio di South Thanet, sottolineano gli osservatori.
L’attacco a Farage arriva su più fronti. A sferrare la prima offensiva è stato Patrick O’Flynn, responsabile economico del partito, europarlamentare e direttore della campagna elettorale. In un’ intervista al Times, O’Flynn ha definito Farage un uomo “ringhioso, permaloso e aggressivo” che sta trasformando il partito in una sorta di “culto della personalità“, una “monarchia assoluta”. A poco è servita la parziale rettifica fatta in seguito da O’Flynn dai microfoni di Sky News, nella quale ha tentato di spiegare che in realtà, più che al leader, al quale rinnovava la sua fiducia, l’attacco era rivolto ai suoi “velenosi” consiglieri che stavano spostando troppo a destra l’asse del partito, sul modello dei Tea Party americani.
A chiedere un passo indietro a Farage, con toni meno accesi, è stato anche uno dei maggiori donatori del partito, Stuart Wheeler, che parlando alla Bbc ha chiesto a Farage di sottoporsi ad una vera selezione per la leadership e non più alle acclamazioni da parte del ristretto comitato esecutivo del partito, come avvenuto nei giorni scorsi in occasione delle dimissioni annunciate e poi ritirate.
D’accordo con Wheeler si è detto anche il tesoriere Hugh Williams, che pur riconoscendo a Farage di essere il “migliore animale politico” del paese, ritiene che l’Ukip debba essere in grado di camminare con le proprie gambe. Per il Guardian, si sta assistendo ad un vero e proprio “golpe” all’interno dell’Ukip, con altre personalità di rilievo, come la vice presidente Suzanne Evans, il deputato Douglas Carswell (unico eletto a Westminster) e gran parte dello staff dell’ufficio stampa londinese del partito che sarebbero pronti a rovesciare Farage.
Un altro attacco eccellente è arrivato da uno dei fondatori dell’Ukip, il professor Alan Sked, per il quale Farage avrebbe dovuto dimettersi già da tempo. In 15 anni di leadership “ufficiale o dietro le quinte”, ha detto Sked al Telegraph, Farage “non ha ottenuto nulla. Non è mai stato eletto deputato al Parlamento britannico e ha trasformato il partito in un marchio tossico”. Con la sua ossessione per l’immigrazione, ha proseguito, Farage si è alienato il voto della classe media e ha costretto il partito a ricorrere al voto di estrema destra, trasformandolo in una versione “light” del British National Party, la formazione dell’ultra destra xenofoba britannica.
Per il momento, Farage sembra tranquillo. Al suo arrivo nel quartier generale del partito a Londra, ad un cronista della Bbc che gli chiedeva se l’Ukip stia vivendo un momento di “agitazione”, l’europarlamentare ha risposto: “Non credo”. Poi ha aggiunto: “non è colpa mia se il comitato esecutivo mi appoggia all’unanimità”. Come sottolinea a più voci la stampa britannica, comunque si concluda la vicenda non è certo il migliore biglietto da visita per l’Ukip in vista della campagna per il referendum sulla permanenza del Regno Unito nella Ue, cavallo di battaglia del partito, che il premier David Cameron potrebbe anticipare al prossimo anno.