Quale peso ha l’etica nelle campagne elettorali delle prossime regionali? Quasi nessuno a guardare la polemica sugli impresentabili presenti nelle liste delle sette regioni chiamate al voto. E non va meglio se si osserva che in Italia sono solo una cinquantina tra amministratori e consigli comunali ad aver sottoscritto negli ultimi 4 anni la Carta di Avviso Pubblico (già carta di Pisa), un codice etico che impegna i politici a regole di trasparenza e “buona politica”. “Su 8 mila comuni siamo a 50-60 sottoscrizioni, individuali o collettive (ovvero di una giunta o consiglio comunale)” spiega Pierpaolo Romani, coordinatore nazionale di Avviso Pubblico, la rete di enti locali per la formazione contro le mafie nata nel 1996. “In questa tornata elettorale stiamo raccogliendo l’interesse soprattutto dei comuni ma di nessuna Regione, a parte il Veneto, che si è dato un codice di autoregolamentazione che ricalca il nostro” continua “anche se ci aspettiamo un aumento delle adesioni dopo il voto di maggio”.
La Carta di Avviso Pubblico, che aggiorna la Carta di Pisa elaborata nel 2012 da un gruppo di esperti ed amministratori locali coordinati dal professor Alberto Vannucci (che ha anche un blog su ilfattoquotidiano.it), elenca in ventitré articoli “impegni, regole e vincoli per declinare trasparenza, imparzialità, disciplina e onore” previsti dalla Costituzione. “Il Codice è un’indicazione pratica sul come si devono comportare politici e amministratori per dare corpo alla “responsabilità politica”, dice Romani. Tra le prescrizioni compaiono il divieto di ricevere regali del valore superiore ai 100 euro, “il contrasto al conflitto di interessi, al clientelismo e alle pressioni indebite”, la trasparenza su tutti i finanziamenti ricevuti anche tramite associazioni, fondazioni e centri studio, “nomine basate esclusivamente sul merito, piena collaborazione con l’autorità giudiziaria in caso di indagini, rinuncia alla prescrizione e dimissioni in caso di rinvio a giudizio per gravissimi reati di mafia e corruzione”. La Carta riprende e integra il codice di autoregolamentazione elaborato dalla Commissione parlamentare antimafia – che ha annunciato un dossier sugli “impresentabili” in vista delle elezioni del 31 maggio – ma con un’importante aggiunta: la presenza di sanzioni.
“Non si tratta di un codice etico fatto di buoni propositi e belle intenzioni” dice Romani “ma di un documento che prevede anche divieti e sanzioni che vanno dalla censura pubblica sino alle dimissioni”. Che non si tratti di impegni solo sulla carta è stato dimostrato un paio di anni fa dal caso della Provincia di Pisa. Il suo presidente, Andrea Pieroni (Pd), ha revocato le deleghe dell’assessore all’Ambiente Valter Picchi, rinviato a giudizio in un’inchiesta sulla gestione rifiuti, proprio in applicazione del codice etico di Avviso Pubblico e sottoscritto dalla Provincia. “La trasparenza la vogliono tutti, ma applicata agli altri” spiega Romani. “Rendere pubblica la propria situazione reddituale e patrimoniale crea qualche preoccupazione, così come il limite sulle cariche o il divieto di andare lavorare per l’azienda a favore della quale si è votato durante l’incarico di amministratore”.
Tra le sottoscrizioni alla Carta si contano a oggi anche quelle del sindaco di Reggio Emilia Luca Vecchi e del suo assessore Natalia Maramotti, il consiglio comunale di Siena, ma anche il consiglio comunale di Marina di Gioiosa Ionica (Rc), che ha adottato il codice dopo il suo scioglimento per mafia, e quello di Gazoldo delli Ippoliti (Mn), il cui sindaco di centro-sinistra Nicola Leoni ha inviato una copia del Codice a tutte le famiglie, perché diventasse per loro una guida per monitorare l’attività dell’amministrazione. Una prospettiva di controllo dal basso riconosciuta alla Carta anche dalla presidente della commissione parlamentare antimafia Rosy Bindi al momento della presentazione del documento nel 2014: “La politica, per come la intendo io, non dovrebbe avere bisogno di un codice etico che le ricordi i propri doveri – ha ha detto la Presidente – ma il paradosso del nostro momento storico è proprio questo; i codici etici oggi servono anche ai cittadini, per ricordare loro di essere più esigenti nei confronti della politica”.
“Il codice viene sottoscritto anche in fase pre-elettorale per smarcarsi dalla vulgata del ‘sono tutti uguali’” spiega Romani “ma non si tratta di una patente di lotta alla legalità, quanto piuttosto di uno strumento di buona politica che non ha appartenenza, per questo le adesioni sono di diverso colore politico”. Diverse sì, ma ancora decisamente poche.