La Commissione parlamentare esaminerà il background dei candidati al centro delle polemiche per stabilire se sono inquisiti, se hanno contiguità con ambienti fascisti o malavitosi e se e quante volte hanno cambiato casacca. I risultati saranno resi noti prima del 31 maggio. La presidente Rosy Bindi: "La politica deve darsi un codice di comportamento più stringente, che non faccia riferimento agli atti giudiziari"
Un’indagine interna sugli “impresentabili“, quei candidati alle elezioni regionali del 31 maggio i cui nomi riempiono da settimane le pagine politiche dei giornali. E’ stata avviata, scrive il Corriere della Sera, dalla Commissione Parlamentare Antimafia, che esaminerà il background dei candidati più citati per stabilire se sono inquisiti, se hanno contiguità con ambienti fascisti o malavitosi e se e quante volte hanno cambiato casacca nel corso della loro carriera politica. Lo scopo: fornire agli elettori un vademecum che consenta di distinguere in modo netto tra i candidati puliti e quelli che se venissero eletti porterebbero con sé nei palazzi delle istituzioni ombre e sospetti sul proprio operato e sulle proprie frequentazioni. I risultati saranno resi noti prima del voto e la “selezione” dei nomi sarà fatta attenendosi ai dettami del codice di autoregolamentazione, che l’Antimafia ha approvato all’unanimità il 23 settembre 2014.
“Il garantismo è un grande valore – ha spiegato Rosy Bindi, presidente della Commissione ieri alla presentazione della Enciclopedia delle Mafie al Senato – ma la politica deve essere molto più rigorosa e darsi un codice di comportamento più stringente, che non faccia riferimento agli atti giudiziari”. Tradotto: dovrebbero essere i partiti a selezionare meglio la propria classe dirigente e a non basare la scelta dei propri candidati sul mero computo dei voti che questi ultimi sono in grado di portare in dote alle liste, né aspettare che sia la giustizia a fare il proprio corso prima di scegliere un candidato. “Se si dice che nelle liste ci sono impresentabili, si deve anche dire ai cittadini che gli impresentabili non vanno votati“, ha detto ancora la Bindi.
La questione agita le acque nel Partito Democratico. In Campania “alcuni candidati mi imbarazzano – ammetteva lo stesso Matteo Renzi il 12 maggio – ma le liste del Pd sono pulite. Alcune liste che sostengono De Luca (Vincenzo De Luca, ex sindaco di Salerno, candidato dem in Campania, ndr) hanno candidati che non voterei nemmeno costretto, ma il Pd ha candidato i seri e puliti”, ha detto il premier che oggi è tornato sull’argomento: “Il Pd non ha candidati impresentabili alle regionali, anche in Campania. Ci sono alcune liste con candidati impresentabili, che avrei francamente evitato di mettere. Ma sul Pd sono pronto alla prova del nove e allo scanner”.
“Forse sulle candidature” in Campania “non abbiamo vigilato con la sufficiente capacità”, spiegava giovedì Lorenzo Guerini, vicesegretario nazionale del Pd. “Pur non generalizzando, una riflessione sulle liste civiche va fatta: in molti casi sono il simbolo di pacchetti di voti e non quello della presenza partecipativa della società civile”, aggiunge Guerini. “In Campania – conclude- si tratta di fenomeni isolati. Ma non siamo stati capaci di svolgere fino in fondo il nostro ruolo di attenzione verso le altre liste”.
La differenza è tutta qui: non è detto che una candidatura legittima sotto il profilo legale e formale lo sia anche sotto il punto di vista dell’opportunità: “Nei partiti si conoscono le persone e le storie, soprattutto nelle realtà locali – spiegava il 9 maggio Rosaria Capacchione, giornalista e sentrice del Pd, in una conferenza stampa sulla campagna elettorale per le regionali in Campania – e quindi si può comprendere che una certa candidatura può essere inopportuna anche se legalmente a posto”.