Si sa che dire “io l’avevo detto” non è mai molto elegante. Eppure è proprio così. Sulla brutta faccenda della sceneggiata organizzata ad arte da alcuni programmi di Retequattro per mostrare quanto siano cattivi i rom e certi islamici e smascherata con la loro ben nota sagacia da quelli di Striscia, avevo lanciato l’allarme già più un mese fa.
Era avvenuto nel corso di Tv talk in onda su Rai 3 dell’11 aprile, quando nel corso di un confronto con Paolo Del Debbio mi ero permesso di avanzare qualche riserva sull’autenticità delle varie presenze urlanti e aggressive che popolano i suoi programmi. Apriti cielo! Il conduttore mi aveva accusato nell’ordine di avere la tipica presunzione dei professori, di credermi una sorta di mago Otelma che legge nella mente altrui, infine – come poteva mancare? – di avere un atteggiamento ideologico, di vecchia ideologia. Il gustoso siparietto è stato pubblicato proprio sulle pagine de ilfattoquotidiano.it.
In realtà, dato che non voglio prendermi meriti eccessivi, che vanno tutti a Striscia, le mie obiezioni erano di natura generale e teorica. Ritengo che spesso, quando si porta la telecamera in mezzo alla gente (se ha due g ancora di più) per raccogliere vox populi, testimonianze su accadimenti gravi, opinioni su temi delicati, le persone intervistate tendano a esagerare, a esasperare i toni, a “recitare”, a esibirsi in una “parte”. E avevo anche aggiunto, per evitare equivoci, che questo avviene indipendentemente dalla volontà e dalle intenzioni del conduttore. Il quale però, per fare bene il suo mestiere di informatore, dovrebbe tener conto di questa particolare situazione che si viene a creare, prendere con le molle quello che si dice, attenuarne il valore anziché accentuarlo e costruirci sopra tutto il suo discorso.
Prevedibilmente tacciato di snobismo, di disprezzo del popolo e di vari altri peccati da Del Debbio (e non solo) non vado alla ricerca di rivincite, di “io l’avevo capito da subito”. Anche perché non è vero. Non sospettavo il taroccamento clamoroso che poi si è scoperto. Più moderatamente trovo sospetto il clima generale in cui avviene il tutto e che dà origine alla recita. In un clima siffatto poi, evidentemente, passare dalla recita spontanea, dilettantesca, gratuita a una sorta di professionismo è molto facile.
Però adesso è troppo comodo lavarsene le mani e far pagare il tutto solo a un ragazzotto che ha fatto una sciocchezza. Queste “sciocchezze” si possono fare solo se c’è alle spalle un certo ambiente, un certo modo di fare informazione, una certa concezione del giornalismo e della televisione. Tutte cose di cui non è certo responsabile il ragazzotto. Ma qualcuno questa responsabilità ce l’ha, eccome!