Adesso che la via principale per raggiungere la Champions League è stata sbarrata dal Dnipro, a Napoli riflettono tutti e su tutto. Restano tre partite per superare Roma o Lazio, distanti 4 e 3 punti, e riabbracciare la prima coppa europea. Oppure la stagione avrà l’etichetta del fallimento, nonostante il successo in Supercoppa Italiana contro la Juventus. Il Napoli doveva lottare per lo scudetto e si è invece eclissato subito, tradito da tanti (troppi) punti persi contro le piccole. Ad agosto ha mancato la qualificazione alla Champions perdendo il preliminare contro l’Athletic Bilbao, poi terzo nel suo girone ed eliminato dal Torino in Europa League. È scomparso dal tabellone della Coppa Italia sul più bello, quando tutto sembrava già compiuto contro la Lazio.
Tre indizi fanno una prova e ora il giudice del futuro diventa Aurelio De Laurentiis. Dovrà chiarire se Rafa Benitez sarà il punto di (ri)partenza e decidere anche cosa fare della propria creatura, raccolta malconcia in C e riportata su palcoscenici che a Napoli non calcavano da anni (una semifinale europea mancava dai tempi di Maradona). È a un punto di svolta e le due scelte sono intrecciate. In questi anni il produttore cinematografico ha combinato crescita e bilanci in ordine fermandosi un attimo prima del definitivo salto di qualità. La scorsa estate non è rimasto un segreto il malessere della pancia (i tifosi, la cui risposta è stata certificata dal crollo degli abbonamenti) e della testa (Benitez, spesso pronto a pungere durante la stagione) per un casting sul mercato che ha portato al San Paolo giocatori ottimi per un cinepattone ma non per un film da oscar. La squadra che affrontò l’Athletic era sostanzialmente quella della stagione precedente. I sogni Mascherano e Fellaini sono rimasti tali. A Castelvolturno arrivarono David Lopez e De Guzman, solo a gennaio l’acquisto di Manolo Gabbiadini ha riempito di un nome importante – ma comunque non internazionale – la casella ingressi. La caccia agli obbiettivi grossi, però, si era già arenata.
Nelle prossime settimane Benitez incontrerà De Laurentiis. Si continua sulla stessa strada se c’è propensione a investire, a prescindere dalla qualificazione alla Champions. Per trattenere il tecnico spagnolo bisogna assicurare una squadra competitiva fino in fondo come fu fatto due stagioni fa con le firme di Pepe Reina, Albiol, Callejon, Mertens e Higuain. Anche perché senza l’ex tecnico del Liverpool (difficile reperire sul mercato un allenatore della sua portata, anche mediatica) e senza la possibilità di giocare contro Barcellona, PSG e Chelsea potrebbero aumentare i mal di pancia dei pezzi pregiati, dagli ex madridisti fino a Hamsik. Hanno colpe anche loro? Certo, come le ha Benitez. Basti considerare le (almeno) cinque occasioni fallite dal Pipita nella doppia sfida con il Dnipro o alcuni turnover esagerati del tecnico spagnolo nel corso del campionato, durante il quale è stato incapace anche di tenere alta l’attenzione negli appuntamenti apparentemente semplici e alla fine decisivi in senso negativo (a Parma l’ultimo esempio).
L’unico che può ordinare una svolta, legittima in un senso o nell’altro, resta De Laurentiis. Senza silenzi stampa, ritiri prolungati e bordate a Platini e al ‘sistema’. Il Napoli può diventare grande o restare un adolescente che alterna divertenti colpi di genio e clamorosi errori di gioventù. Dipende dagli investimenti, che in estate saranno slegati dagli incassi assicurati dall’Uefa nel caso in cui non dovesse arrivare la qualificazione alla Champions. Se le romane restano davanti, toccherà solo a De Laurentiis – che ha già ricordato d’aver speso 300 milioni per il club – convincere tutti che Napoli è il miglior posto per provare a vincere.