A fine mese sarà discussa in viale Aldo Moro la legge che ridimensiona l'ente. Le opposizioni dopo gli scandali per i rimborsi e l'uso dei finanziamenti avevano chiesto la sua abolizione
La Consulta degli emiliano-romagnoli all’estero si salva un’altra volta grazie al Pd, che decide di farle fare solo una cura dimagrante per diminuire i costi per la Regione Emilia-Romagna. La legge che ridimensionerà il budget assegnato alla Consulta verrà discussa nell’Assemblea legislativa di Viale Aldo Moro alla fine del mese.
“La Consulta – spiega la relatrice della legge, la democratica Roberta Mori, difendendo la sopravvivenza dell’ente – rappresenta un patrimonio di relazioni che può essere particolarmente utile per i nostri giovani che si trasferiscono all’estero; inoltre potrà affiancare le iniziative di scambio commerciale che la giunta regionale ha intenzione di promuovere”. Tutto questo – precisa – “diminuendo fortemente le spese di funzionamento, in una logica di sobrietà e razionalizzazione delle risorse”.
Non la pensano così, però, gli altri partiti (Udc – Lega Nord – M5S- Idv) che, negli ultimi anni, hanno chiesto a più riprese l’abrogazione della Consulta per neutralizzare gli sprechi della politica. Il Movimento 5 stelle ci ha riprovato adesso, durante il primo passaggio della legge in commissione, chiedendo che l’organismo venga eliminato e bocciando la proposta avanzata dal Pd di semplice ridimensionamento del suo budget. A votare contro anche Ln e Fdi mentre Sel si è espressa a favore della proposta di legge. Il Pd propone anche l’affidamento delle competenze della Consulta all’Assemblea legislativa e che i ruoli di presidente e vicepresidente siano affidati a consiglieri regionali senza alcuna indennità aggiuntiva. Un controllo più ravvicinato, dunque, sull’operato dell’organismo. E’ ancora in corso, del resto, l’indagine della Procura di Bologna sul denaro elargito dalla Consulta degli emiliano-romagnoli all’estero, avviata nel 2013.
A marzo 2014 la pm Morena Plazzi ha aperto un’inchiesta per truffa aggravata ai danni della Regione Emilia-Romagna, un fascicolo in cui si ipotizza che, tra i tanti beneficiari, qualche associazione abbia preso soldi senza averne i requisiti. Il fascicolo fa parte della maxi-inchiesta sulle spese pazze della Regione Emilia Romagna. L’ex sottosegretario alla presidenza della Giunta regionale, Alfredo Bertelli, ha definito la Regione, nell’indagine in corso sulla Consulta, “parte lesa”.
Sotto la lente della Procura è finita anche l’attività della Consulta. Scorrendo la lista dei lavori affidati negli ultimi anni alle varie associazioni, i cui rappresentanti spesso fanno parte della stessa Consulta, ce ne sono di molto curiosi: un corso di italiano avanzato incentrato sulle figure dei Papi emiliano-romagnoli; un corso di dialetto bolognese a Stoccarda, di burattini in Brasile. C’è stato poi il progetto del Movimento cristiani lavoratori «alla scoperta dei sapori tradizionali per il rafforzamento del turismo d’affezione» con un seminario tra le comunità emiliano-romagnole in Argentina.
I nomi dei soggetti beneficiari dei fondi, negli ultimi anni, sono stati quasi sempre gli stessi. Tre in particolare: l’Istituto Fernando Santi di Reggio Emilia, il Comitato tricolore per gli italiani nel mondo e il Movimento cristiano lavoratori dell’Emilia Romagna. La Consulta è stata creata nel 2006 con una legge regionale ad hoc, unica in Italia, per tenere in vita la cultura e la tradizione locale tra le comunità di italiani all’estero. E’ presieduta dal 2008 da Silvia Bartolini del Pd, candidata sindaco nel 1999, battuta da Giorgio Guazzaloca nelle prime ed ultime elezioni amministrative che hanno consegnato Bologna al centrodestra. Bartolini è rimasta al suo posto dopo le polemiche sul ruolo e l’utilità dell’organismo della Regione, iniziate già dal 2011.