Nuovo faccia a faccia in Vaticano tra Papa Francesco e il presidente palestinese Abu Mazen. Colloquio privato di venti minuti poi il tradizionale scambio di doni. Clima molto caloroso, sorrisi, due abbracci e strette di mano e un auspicio per Bergoglio: “Lei sia un angelo della pace“. Un incontro che arriva alla vigilia delle canonizzazioni di due sante palestinesi, Maria Alfonsina Danil Ghattas di Gerusalemme e Maria di Gesù Crocifisso Baouardy della Galilea. Ma l’udienza privata tra Abu Mazen e Bergoglio si svolge anche subito dopo l’approvazione della bozza di accordo tra la Santa Sede e lo Stato palestinese, quest’ultimo riconosciuto giuridicamente dal Vaticano. Anche se Oltretevere specificano che non c’è ancora nessuna data per la firma dell’accordo che deve prima essere approvato dal Parlamento. 

Abu Mazen ha donato al Papa una piccola cassa di madreperla contenente un rosario di legno d’ulivo e i reliquiari delle due nuove sante palestinesi. Il Papa ha, invece, dato al presidente palestinese una copia della “Evangelii gaudium” e un medaglione con la figura dell’angelo della pace che “distrugge lo spirito cattivo della guerra. Ho pensato a te – ha aggiunto il Papa – che sei un angelo di pace”.

L’Autorità nazionale palestinese ha voluto precisare che “il riconoscimento del nostro Paese come entità diplomatica, da parte del Vaticano, è già avvenuto anni fa e si è consolidato con l’ammissione della Palestina come Stato non membro dell’Onu“. Una posizione che ha suscitato, però, la “delusione” di Israele secondo cui “questa decisione non contribuisce a riportare i palestinesi al tavolo delle trattative“. Ma la genesi di questo significativo riconoscimento è ancora più antica. Nel marzo del 2000, durante il suo pellegrinaggio in Terra Santa nell’anno del Grande Giubileo, san Giovanni Paolo II aveva di fatto già riconosciuto lo Stato palestinese visitando i suoi territori, baciandone il suolo e ascoltando il suo inno nazionale. Non bisogna dimenticare nemmeno che l’allora leader dell’Organizzazione per la liberazione della Palestina Yasser Arafat, Premio Nobel per la pace nel 1994, è stato tra i capi di Stato e di governo più ricevuti in Vaticano da Wojtyla.

Da sempre, infatti, la Santa Sede è per la cosiddetta “soluzione dei due Stati” per la fine della questione israeliano-palestinese. Una posizione ribadita anche da Benedetto XVI nel 2009 durante il suo viaggio in Israele e da Papa Francesco nel suo pellegrinaggio in Terra Santa nel maggio 2014. “È giunto il momento per tutti – aveva affermato Bergoglio parlando ad Abu Mazen – di avere il coraggio della generosità e della creatività al servizio del bene, il coraggio della pace, che poggia sul riconoscimento da parte di tutti del diritto di due Stati a esistere e a godere di pace e sicurezza entro confini internazionalmente riconosciuti”.

Durante il suo viaggio in Terra Santa Bergoglio aveva invitato in Vaticano i due presidenti, israeliano e palestinese, per un incontro di preghiera per la pace in Medio Oriente. Evento che si svolse a Roma l’8 giugno 2014, alla presenza anche del Patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I, e vide lo storico abbraccio tra l’allora presidente israeliano Shimon Peres e Abu Mazen sotto gli occhi di Francesco. In quell’occasione Bergoglio ribadì che “palestinesi e israeliani sono fratelli, non avversari o nemici“. Per il Papa, infatti, “per fare la pace ci vuole coraggio, molto di più che per fare la guerra. Ci vuole coraggio per dire sì all’incontro e no allo scontro; sì al dialogo e no alla violenza; sì al negoziato e no alle ostilità; sì al rispetto dei patti e no alle provocazioni; sì alla sincerità e no alla doppiezza”. Ora Francesco sta cercando di fare in modo che queste parole si traducano in realtà così come è avvenuto con il disgelo tra Usa e Cuba.

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