“Oggi puoi contribuire anche tu a far crescere il Paese, chiedi in banca”. Così recita lo spot di Autostrade per l’Italia che pubblicizza la sottoscrizione della sua nuova emissione obbligazionaria da 750 milioni di euro interamente destinata al pubblico retail. Cioè ai risparmiatori. E’ la prima volta che il più importante concessionario autostradale italiano colloca un prestito al pubblico anziché agli investitori istituzionali: vale dunque la pena chiedersi come mai. Una prima risposta è che visto il bassissimo livello dei tassi d’interesse indebitarsi conviene. E se si guarda da chi e come è stata apparecchiata questa emissione, si capisce anche perché sia rivolta al pubblico e non alle banche verso le quali il gruppo Autostrade è peraltro già molto indebitato.
Il gruppo è comunque molto solido, grazie anche al fatto che buona parte degli introiti derivano dai pedaggi autostradali, ma è pur sempre un emittente privato e il rischio c’è, come testimoniano le molte pagine del prospetto informativo dedicate a questo argomento. La sottoscrizione avviene “al buio”, cioè senza conoscere anticipatamente né il prezzo d’emissione del bond (che sarà comunque compreso nell’intervallo 99-100), né il tasso d’interesse che sarà fisso ma che verrà comunicato solo alcuni giorni dopo il termine dell’offerta.
Il meccanismo di calcolo è piuttosto complesso ma dato l’andamento dei tassi è piuttosto probabile che l’obbligazione proposta da Autostrade finirà con l’offrire un rendimento inferiore a quello di un titolo di Stato di pari durata (8 anni, scadenza nel 2023). Secondo gli scenari elaborati dalla stessa Autostrade per l’Italia, qualora il tasso mid swap a 8 anni rimanga sul livello rilevato l’11 maggio, il rendimento effettivo lordo a scadenza del bond si attesterà all’1,404%, inferiore all’1,556% offerto da un comune Btp. Dunque l’emittente privato offre meno dello Stato pur avendo per definizione un rischio maggiore.
Ma torniamo allo spot pubblicitario. Sostenendo che sottoscrivendo le obbligazioni di Autostrade per l’Italia si contribuisce a “far crescere il Paese” si fa pubblicità ingannevole. Per rendersene conto basta leggere il prospetto, dove è scritto chiaramente che l’emittente non promuove l’offerta “per esigenze contingenti legate all’effettuazione di specifici investimenti” (quelli del resto Autostrade li dovrebbe coprire con i salatissimi pedaggi autostradali) e dove si specifica anche che “l’emittente non esclude di poter decidere, inter alia, di rimborsare anticipatamente i finanziamenti infragruppo con Atlantia al fine di estendere la durata media del proprio debito”. Altro che crescita.
A coordinare l’offerta sono Banca Imi (Intesa Sanpaolo) e Unicredit, che sono portatori di potenziali conflitti d’interesse in quanto intrattengono continui rapporti d’affari con il gruppo della famiglia Benetton di cui fa parte Autostrade e vantano “crediti finanziari di natura rilevante”. Ad esempio verso la controllante di Autostrade – Atlantia appunto – Intesa Sanpaolo ha linee di credito aperte per 1,1 miliardi e Unicredit per 1,5 miliardi. Detto questo si capisce forse meglio perché Autostrade abbia deciso di collocare questo bond proprio tra i risparmiatori che – continuando a fidarsi delle banche – potrebbero richiedere ben più dei 750 milioni di euro offerti. Tra i tanti rischi che si corrono sottoscrivendo non si corre però quello di restare a secco di titoli: Autostrade si riserva infatti la facoltà di innalzare l’importo dell’offerta fino a 1,5 miliardi di euro.