Omissione di cure e lesioni colpose a carico di ignoti. Sono le ipotesi di reato formulate dal pm torinese Raffaele Guariniello sui costi sostenuti dalle Regioni, e nel caso specifico dal Piemonte, per il “superfarmaco” Sofosbuvir che cura l’epatite C. Il medicamento è alla base di un trattamento che costa quasi 40mila euro che le Regioni non riescono a sostenere per ogni malato: solo in Piemonte i casi di epatite C sono circa 2mila.

Secondo il magistrato, le Regioni si sarebbero attivate per garantire le cure necessarie ai casi più gravi, ma non avrebbero ricevuto il necessario aiuto dallo Stato, nonostante una legge approvata nel 2014 preveda il finanziamento per la somministrazione di farmaci innovativi. Di conseguenza, il numero di pazienti in cura con il Sofosbuvir è di gran lunga inferiore a quello dei malati complessivi. In base ai dati a disposizione del pm, ad esempio, all’ospedale Molinette di Torino sono attualmente trattati con il “superfarmaco” 100 pazienti a fronte di una lista d’attesa di 600 malati. Il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, ha previsto uno stanziamento di un miliardo di euro per il 2015-16 e ha annunciato fin dallo scorso marzo un decreto per l’individuazione di tempi e modi per la ripartizione dei fondi alle Regioni. Ma Torino sostiene di non aver ricevuto ancora nulla.

L’associazione di pazienti “Epa C Onlus” ha recentemente condotto una campagna d’informazione sulla malattia dalla quale emerge una copertura con farmaci innovativi di 4mila, massimo 5mila persone. “Dal nostro punto di vista – ha spiegato Ivan Gardini, presidente dell’associazione – siamo troppo lenti. I pazienti con cirrosi sono 20-25mila. L’obiettivo deve essere trattare tutti, in modo che nessuno muoia più di epatite C, ma a questi ritmi non ce la faremo”. Il problema principale, sottolineato dal presidente, è la mancanza di un decreto che ripartisca i fondi stanziati dal governo. Con questo sistema le Regioni sono così obbligate ad anticipare i soldi, che non hanno. Gardini si è concentrato nuovamente sulla situazione piemontese: “Molti pazienti sono in stand by. Ma i problemi si riscontrato in molte altre Regioni. La Campania non è partita con il secondo farmaco, la Sicilia ha appena iniziato, ma anche l’Umbria, ad esempio, ha stanziato i fondi per 25 trattamenti in tre mesi, ma non si sa quanti ne servano effettivamente”.

Il Sofosbuvir è il primo farmaco che promette di eliminare completamente il virus dell’epatite C, che in Italia colpisce circa un milione di persone – dei quali molti ignari -, causando 11mila morti l’anno. L’Organizzazione mondiale della sanità stima 15omilioni di malati cronici in tutto il mondo e tra i 350mila e i 500mila decessi. I principali portatori dell’infezione sono i cosiddetti “baby boomers”, infettati prima che si isolasse il virus da trasfusioni, strumenti chirurgici non sterilizzati e cattive condizioni igieniche.

A partire dal 2009, secondo il sistema Seieva gestito dall’Istituto superiore di sanità, i nuovi casi si sarebbero stabilizzati tra lo 0,2 0,3 per 100mila abitanti. Il farmaco Sofosbuvir è stato sviluppato dalla piccola compagnia Pharmasset, poi acquistata dalla californiana Gilead. Agli Stati Uniti la terapia costa 84mila dollari a paziente ed è già stata somministrata a circa 70mila malati. In Europa alcuni paesi come la Germania l’hanno adottata, mentre altri 14, fra cui Italia e Francia, hanno intrapreso una trattativa per l’abbassamento del prezzo. In Italia l’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) ha raggiunto un accordo con l’azienda produttrice fissando a 40mila euro il ciclo di terapia per ogni paziente, ma non è ancora stato varato il decreto che ripartisca tra le Regioni il rimborso statale per l’acquisto del farmaco.

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