Dice di non volere più disegnare Maometto perché non gli “interessa più”. E vale lo stesso “anche per il personaggio di Sarkozy, non passerò la vita a disegnarli. Mi sono stufato”. Il disegnatore Renard Luzier, in arte Luz, secondo quanto riportano i media francesi, ha deciso di lasciare Charlie Hebdo a settembre. Il suo addio coinciderà con il trasloco della redazione verso la sua nuova sede, dopo il lungo periodo di transizione passato in un ufficio messo a disposizione dal quotidiano LibérationDopo la strage di Parigi, è stato proprio Luz a firmare la prima copertina del settimanale satirico, quella con la caricatura del Profeta e la scritta Je suis Charlie – Tout est pardonné. Un numero uscito appena una settimana dopo l’attentato dei fratelli Kouachi, in cui hanno perso la vita 12 persone. E a quasi cinque mesi dall’attacco, Charlie Hebdo sta vivendo una profonda crisi interna.

Il caso di Zineb El Rhazoui – Le indiscrezioni sull’addio del vignettista col chiodo coincidono con le polemiche in merito a Zineb El Rhazoui, la collaboratrice franco-marocchina minacciata di morte dai fondamentalisti islamici a cui nei giorni scorsi è stata inviata una lettera di convocazione nel quadro di una procedura di licenziamento per “colpa grave”. Una notizia che ha stupito molti media francesi. Tanto che la direzione di Charlie è tornata sui suoi passi mostrandosi decisamente più clemente nei confronti della donna sotto scorta. “Non vogliamo cacciare nessuno”, assicura il direttore Riss, intervistato dal quotidiano Le Monde. Per giorni, si sono moltiplicati gli interrogativi su quali fossero le motivazioni che lo avessero spinto ad un tale gesto. “Zineb – precisa ora il direttore – non rispettava i suoi obblighi e il contratto di lavoro in modo soddisfacente. Ciò costituiva un problema concreto per il funzionamento della redazione. Era già stata avvertita, e io ne ho avuto abbastanza. Ho chiesto al nostro avvocato cosa potessimo fare. Spero che la lettera che le abbiamo inviato rimetta le cose a posto”.

In particolare, puntualizza Riss, i problemi riguardavano la “sua presenza alle riunioni di redazione o le scadenze per la consegna degli articoli”. Alla domanda se non fosse stato troppo duro rispetto a una giornalista minacciata di morte, Riss risponde che “anche prima degli attentati del 7 gennaio era la stessa cosa: ascoltava poco le osservazioni. E’ vero che la solennità della nostra lettera attribuisce una certa gravità alla situazione, ma non abbiamo voglia di cacciare nessuno”. Nella speranza di sedare veleni e polemiche, la direzione ha fatto sapere di aver annullato la convocazione della giornalista inizialmente prevista per il 26 maggio limitandosi a rivolgerle una “lettera di richiamo ai suoi obblighi”.

Oltre 4 milioni di donazioni – I capi di Charlie Hebdo parlano poi delle donazioni ricevute dopo l’attacco dei fratelli Kouachi. La somma totale di 4,3 milioni di euro, a cui il giornale ha “integralmente rinunciato a favore delle vittime” e dei loro cari, giunge da un totale di circa 36mila donatori di 84 diversi paesi, precisa la direzione logorata da tensioni interne, in particolare, proprio in merito alla destinazione dei fondi. I 4,3 milioni di euro, precisano il direttore Riss e l’amministratore Eric Porheault, verranno versati alla Cassa depositi e prestiti e la loro ripartizione “verrà affidata a una commissione di saggi” designata su richiesta del giornale dal ministro della Giustizia. Intanto, dopo il numero record dei sopravvissuti, stampato in otto milioni di esemplari, le vendite di Charlie Hebdo sono scese a circa 170mila copie.

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