Nove gol fatti in due partite, diciotto punti nelle ultime otto giornate. Con la Juventus ormai scudettata e concentrata sulla finale di Champions League, le romane in debito d’ossigeno, le milanesi in crisi irreversibile e Napoli e Fiorentina ad un passo dal fallimento, il calcio migliore d’Italia in questo momento si gioca a Genova. Sponda rossoblu. E meriterebbe probabilmente anche di essere esportato in Europa. Peccato che nonostante la classifica quasi sicuramente il Genoa in coppa non ci andrà.
La notizia è di una decina di giorni fa: il Grifone non ha ottenuto la licenza Uefa per problemi di bilancio, a causa di un ritardo nella consegna delle documentazioni sui conti. E come dimostrano le parole abbastanza rassegnate dello stesso patron Preziosi (“Sono pronto a chiedere scusa alla tifoseria”), sono poche le speranze di veder accolto il ricorso. I risultati degli ultimi turni, però, rischiano di acuire ulteriormente i rimpianti: in attesa del posticipo della Fiorentina, il Genoa ha conquistato il quinto posto in solitaria in classifica, sul campo meriterebbe senza dubbio la qualificazione. I dribbling di Perotti, i gol di I
ago Falqué, le geometrie di Bertolacci, le parate di Perin: sono tante le individualità che si sono messe in luce nel corso della stagione. Ma il vero spettacolo è la squadra che Gian Piero Gasperini è riuscito a costruire. Per la seconda volta, perché il miracolo era riuscito già nel 2008/2009: allora il tecnico di Grugliasco aveva sfiorato addirittura la Champions, riportando comunque il Grifone in Europa 17 anni dopo l’ultima volta.
Dopo due anni infelici e un esonero, “Gasperson” è tornato a Genova nel 2013. E pian piano ha ricominciato a imporre i suoi schemi, un po’ folli, senza ruoli precisi, ma terribilmente efficaci: un calcio totale in salsa genovese. La sua virtù più grande è riuscire a tirar fuori il meglio da calciatori ancora inespressi. Si pensi a Iago Falqué: miglior realizzatore stagionale con addirittura tredici gol (gli ultimi due, meravigliosi, ieri contro l’Atalanta), in Italia fin qui non aveva trovato spazio neppure in Serie B al Bari, dove l’aveva spedito in prestito la Juventus qualche anno fa. Adesso lo vuole mezza Europa. Come anche Diego Perotti, rigenerato dopo la crisi delle ultime stagioni. O Andrea Bertolacci, prodotto della primavera della Roma mai apprezzato nella Capitale, pronto a diventare un pilastro anche della nazionale di Antonio Conte. E poi il suo calcio votato all’attacco esalta le qualità degli attaccanti: in passato Milito, Borriello e Gilardino, quest’anno il “ribelle” Niang che al Milan non aveva mai timbrato il cartellino e a Genova ha fatto cinque gol in una manciata di partite.
Sarebbe bello rivedere tutto questo anche in Europa. Così non sarà per colpa di questioni extra-calcistiche. Una vicenda che assomiglia da vicino a quella capitata al Parma l’anno scorso, pur essendo da essa molto diversa. I tifosi possono stare tranquilli: il Genoa non farà la fine della società ducale. Il fallimento del Parma è dovuto soprattutto al disimpegno dell’ex patron Ghirardi e della controllante, mentre il presidente Preziosi ha appena effettuato una ricapitalizzazione da 25 milioni di euro, che garantirà un futuro sereno al club. Però a causa dei soliti conti disordinati, di operazioni di mercato avventate, di un monte-ingaggi fuori controllo nel recente passato (tutti mali cronici del nostro calcio), a Genova perderanno un treno importante. Che potrebbe non ripassare la prossima stagione, quando diversi dei pezzi pregiati potrebbero partire.
Ma la possibile esclusione del Genoa dall’Europa riguarda tutta la Serie A, non solo i tifosi rossoblu: ancora una squadra italiana non ottiene la licenza Uefa per questioni economiche. È la dimostrazione che qualche controllo c’è, anche se insufficiente per garantire la salute finanziaria dei club (e lo si è visto ampiamente con il caso Parma). Infatti a partire dalla prossima stagione la Figc cambierà, fissando parametri più stringenti. Intanto per il secondo anno consecutivo probabilmente la qualificazione all’Europa non si deciderà sul campo. E questo per il calcio italiano non è una buona notizia.