Il 7 maggio è stato presentato a Milano il nuovo Catasto dei Ghiacciai Italiani. Lo hanno curato i glaciologi dell’Università di Milano guidati da Claudio Smiraglia, allievo di Ardito Desio. E lo hanno realizzato con l’aiuto di EvK2-CNR e di una società privata (caso non molto frequente in Italia).
I dati sono stati ottenuti da analisi di orto-foto ad alta risoluzione e campagne in situ, iniziate nei primi anni ’10 del nostro secolo. L’atlante è illustrato da immagini e cartografie, tabelle di dati numerici e sintesi grafiche: un panorama esauriente e uno strumento essenziale per monitorare il clima alpino. Confrontare questi dati con quelli dei catasti precedenti (1962 e 1984) conferma una chiara tendenza al ritiro, pur se i metodi di rilevamento si sono evoluti e i confronti sono quindi un esercizio delicato.
La superficie dei ghiacciai italiani è passata dai 52 mila ettari del 1962, ai 61 mila del 1984, agli attuali 37 mila, ossia il 40% in meno rispetto all’ultimo catasto. In pratica, 30 anni fa la loro superfice era quasi tre volte e mezza quella di Milano, e ora si è ridotta a due volte quella Milano. Nello stesso tempo, il numero dei ghiacciai è passato a 900, contro 824 nel 1962 e ben 1381 nel 1984. L’aumento netto rispetto a 50 anni fa non è dovuto a un aumento della superficie glaciale, ma a una sua frammentazione, che ha ridotto sistemi glaciali complessi a singoli ghiacciai più piccoli. Il più vasto ghiacciaio Italiano non è più quello dei Forni, come nel 1984, ma il ghiacciaio dell’Adamello-Mandrone, che si è scoperto essere un corpo glaciale unitario, benché in fase di intenso ritiro.
La maggioranza dei ghiacciai italiani è di piccole dimensioni, in media meno di 40 ettari. E le ridotte dimensioni espongono i ghiacciai a ulteriore di fusione, un fenomeno che cresce in maniera esponenziale con l’innalzamento delle temperature medie annuali. Sono quindi i ghiacciai più sensibili ai cambiamenti climatici. Per contro, aumenta in modo notevole la copertura detritica, soprattutto sulle lingue vallive, ossia le aree alle quote inferiori dov’è massima l’ablazione glaciale (fenomeno per cui diminuisce il volume del ghiaccio, che in parte si trasforma in acqua di fusione, in parte sublima in atmosfera). In questo caso si ha un effetto di retroazione negativa, che può rallentare il ritiro giacché il detrito protegge il ghiaccio.
I motivi del rapido ritiro glaciale sono legati all’aumento della temperatura negli ultimi 40 anni, alla diminuzione del numero di nevicate e alla riduzione dalla copertura nivale, in termini di spessore e durata. L’influenza del riscaldamento globale sulla dinamica dei ghiacciai italiani è perciò assodata e misurabile. E il recesso glaciale è in linea con quanto osservato in diverse aree della Terra.
La fase di ritiro glaciale comporta un’alterazione dell’ambiente montano e dei suoi ecosistemi, della distribuzione delle risorse idriche, e delle potenzialità turistiche, con un forte impatto sulla sostenibilità della vita montana. Se tale tendenza perdurerà nel tempo (o addirittura accelererà venendo meno il contributo della copertura detritica) bisognerà adottare in concreto delle strategie di adattamento che siano state pianificate per tempo. Esse dovranno interessare vari comparti, sia nei territori immediatamente toccati dal fenomeno, sia nella vasta area regionale e inter-regionale di valle, dove gli impatti tenderanno a estendersi. Per esempio, una possibile scarsità d’acqua potabile e soprattutto irrigua sarà un problema per città e pianura, per cittadini e agricoltori, non solo per chi vive in montagna. E di strategie di adattamento pianificate per tempo non si vede l’ombra in Italia, neppure a livello di ipotesi culturale.
Renzo Rosso
Docente di Costruzioni idrauliche e marittime e Idrologia a Milano
Ambiente & Veleni - 18 Maggio 2015
Ghiacciai italiani: sono diminuiti del 40 per cento in 30 anni
Il 7 maggio è stato presentato a Milano il nuovo Catasto dei Ghiacciai Italiani. Lo hanno curato i glaciologi dell’Università di Milano guidati da Claudio Smiraglia, allievo di Ardito Desio. E lo hanno realizzato con l’aiuto di EvK2-CNR e di una società privata (caso non molto frequente in Italia).
I dati sono stati ottenuti da analisi di orto-foto ad alta risoluzione e campagne in situ, iniziate nei primi anni ’10 del nostro secolo. L’atlante è illustrato da immagini e cartografie, tabelle di dati numerici e sintesi grafiche: un panorama esauriente e uno strumento essenziale per monitorare il clima alpino. Confrontare questi dati con quelli dei catasti precedenti (1962 e 1984) conferma una chiara tendenza al ritiro, pur se i metodi di rilevamento si sono evoluti e i confronti sono quindi un esercizio delicato.
La superficie dei ghiacciai italiani è passata dai 52 mila ettari del 1962, ai 61 mila del 1984, agli attuali 37 mila, ossia il 40% in meno rispetto all’ultimo catasto. In pratica, 30 anni fa la loro superfice era quasi tre volte e mezza quella di Milano, e ora si è ridotta a due volte quella Milano. Nello stesso tempo, il numero dei ghiacciai è passato a 900, contro 824 nel 1962 e ben 1381 nel 1984. L’aumento netto rispetto a 50 anni fa non è dovuto a un aumento della superficie glaciale, ma a una sua frammentazione, che ha ridotto sistemi glaciali complessi a singoli ghiacciai più piccoli. Il più vasto ghiacciaio Italiano non è più quello dei Forni, come nel 1984, ma il ghiacciaio dell’Adamello-Mandrone, che si è scoperto essere un corpo glaciale unitario, benché in fase di intenso ritiro.
La maggioranza dei ghiacciai italiani è di piccole dimensioni, in media meno di 40 ettari. E le ridotte dimensioni espongono i ghiacciai a ulteriore di fusione, un fenomeno che cresce in maniera esponenziale con l’innalzamento delle temperature medie annuali. Sono quindi i ghiacciai più sensibili ai cambiamenti climatici. Per contro, aumenta in modo notevole la copertura detritica, soprattutto sulle lingue vallive, ossia le aree alle quote inferiori dov’è massima l’ablazione glaciale (fenomeno per cui diminuisce il volume del ghiaccio, che in parte si trasforma in acqua di fusione, in parte sublima in atmosfera). In questo caso si ha un effetto di retroazione negativa, che può rallentare il ritiro giacché il detrito protegge il ghiaccio.
I motivi del rapido ritiro glaciale sono legati all’aumento della temperatura negli ultimi 40 anni, alla diminuzione del numero di nevicate e alla riduzione dalla copertura nivale, in termini di spessore e durata. L’influenza del riscaldamento globale sulla dinamica dei ghiacciai italiani è perciò assodata e misurabile. E il recesso glaciale è in linea con quanto osservato in diverse aree della Terra.
La fase di ritiro glaciale comporta un’alterazione dell’ambiente montano e dei suoi ecosistemi, della distribuzione delle risorse idriche, e delle potenzialità turistiche, con un forte impatto sulla sostenibilità della vita montana. Se tale tendenza perdurerà nel tempo (o addirittura accelererà venendo meno il contributo della copertura detritica) bisognerà adottare in concreto delle strategie di adattamento che siano state pianificate per tempo. Esse dovranno interessare vari comparti, sia nei territori immediatamente toccati dal fenomeno, sia nella vasta area regionale e inter-regionale di valle, dove gli impatti tenderanno a estendersi. Per esempio, una possibile scarsità d’acqua potabile e soprattutto irrigua sarà un problema per città e pianura, per cittadini e agricoltori, non solo per chi vive in montagna. E di strategie di adattamento pianificate per tempo non si vede l’ombra in Italia, neppure a livello di ipotesi culturale.
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Roma, 8 gen (Adnkronos) - "Da due o tre giorni avevamo capito che eravamo quasi arrivati alla conclusione di questa vicenda". Lo ha detto Antonio Tajani a Porta a Porta sulla liberazione di Cecilia Sala.
"Stamattina l'ambasciarice è andata al carcere per la visita consolare e le hanno detto la visita è annullata per una buona notizia, l'ambasciarice ha capito e mi ha telefonato", ha raccontato il ministro degli Esteri spiegando tra l'altro: "Anche la famiglia è stata eccezionale, la mamma e il papà ci hanno dato una mano".
"La Santa Sede non ha dato una mano in maniera operativa ma c'è sempre stato sostegno. Ma non c'è stato un intervento del Vaticano", ha spiegato Tajani.
Roma, 8 gen (Adnkronos) - "Fermo restando che la mia posizione di condanna è assoluta per alcuni gesti apologetici, avendo conosciuto quei ragazzi, Franco Bigonzetti, Francesco Ciavatta e Stefano Recchioni, i primi due uccisi da terroristi ai quali non si è mai dato un nome, esprimo il rammarico per il fatto che la Procura della Repubblica di Roma in 45 anni non abbia mai aperto una seria inchiesta sulla strage di Acca Larenzia". Il presidente dei senatori di Forza Italia Maurizio Gasparri, intervenendo nell’aula del Senato.
"Noi chiediamo la verità su tante vicende italiane. Nei giorni scorsi, si è saputa una possibile verità sull’omicidio di stampo mafioso di Piersanti Mattarella a Palermo. Ma sulla strage di Acca Larenzia le tracce ci sono, perché la mitraglietta Skorpion che uccise Bigonzetti e Ciavatta poi è stata utilizzata anche successivamente dalle Brigate Rosse -ha detto ancora Gasparri-. Quelli che ieri, sbagliando, hanno fatto i saluti romani non inneggiavano alle Brigate Rosse ma ricordavano, con una ritualità che io non condivido, dei militanti di un partito politico, non di terroristi".
"Mentre le Brigate Rosse sono quelle che hanno usato la mitraglietta Skorpion per uccidere Bigonzetti e Ciavatta, poi Lando Conti, ex sindaco di Firenze, e il professor Ruffilli che era un professore impegnato nella Democrazia Cristiana. Quindi quell'arma e chi l’ha usata è transitato nelle Brigate Rosse", ha proseguito l'esponente di FI.
(Adnkronos) - "Basterebbe un’inchiesta per capire quali gruppi della periferia di Roma sud e dell’estrema sinistra hanno fatto questo transito. C’è un libro di un giornalista che si chiama Nicola Rao che ha descritto queste vicende ed è una vergogna che la Procura della Repubblica di Roma non abbia mai fatto un'inchiesta seria. Io l'ho detto pubblicamente a Lo Voi e lo dico a tutti i Procuratori del passato. La magistratura evidentemente non ha voluto la verità su quella vicenda. Protesto, quindi, per le verità mancate di una pagina di storia italiana tragica", ha concluso Gasparri.
Roma, 8 gen (Adnkronos) - "Ho voluto partecipare in collegamento all'evento 'Comunità democratica' perché il partito cattolico è anacronistico, c'è bisogno di cominciare a discutere largamente di politica, di programmi, a far partecipare le persone e soprattutto di far diminuire l'astensione". Lo ha detto Romano Prodi a Otto e mezzo, su La7.
"C'è bisogno di cominciare a discutere, sono due anni che non si fa nel Paese. Queste iniziative sono benedette, penso che Schlein lo sappia", ha aggiunto Prodi proseguendo: "Deciderà Ruffini se entrare in politica o no. E' un uomo di qualità e dipenderà dalla rete che riuscirà a costruire. E' stato talmente bravo a combattere l'evasione fiscale che il Paese gli dovrebbe essere grato".
Roma, 8 gen (Adnkronos) - "Trump non vuole l'Europa coesa. Tratta Paese per Paese ed esercita su ciascuno una pressione particolare. Il problema è che Meloni non può essere portavoce o simbolo dell'Europa unita, Trump non lo permetterà mai". Lo ha detto Romano Prodi a Otto e mezzo, su La7.
"Trump e Musk ne dicono di tutti i colori e attaccano dall'interno i Paesi intervenendo; è il solito quadro: Trump imprevedibile. Prevedo un grande cambiamento. E' finita la globalizzazione economica e Trump tenta quella politica: l'intervento negli affari interni di tutti i Paesi", ha aggiunto.
"La cosa strana è che mentre oggi c'è stata una reazione dell'Onu sulle sue dichiarazioni, non ne ho viste da parte dell'Unione europea. Il problema è che un'UE divisa come oggi non riesce a formare una volontà politica comune; la presidente della Commissione deve mediare e non vuole rompere l'equilibrio. Non dice niente delle interferenze di Trump in Germania, in Gran Bretagna, in Italia. Il sovranismo si ferma all'obbedienza", ha detto ancora Prodi.
Roma, 8 gen (Adnkronos) - "Su Starlink, l'accordo col governo gli darebbe in mano tutti i dati che riguardano il nostro Paese. E' il momento che il governo decida se dare in mano ad altri la propria vita". Lo ha detto Romano Prodi a Otto e mezzo, su La7.
"Il vantaggio di Musk è che ha a disposizione una tecnologia pronta e potente. Non so se il governo firmerà, ma queste cose vanno fatte con una prudenza enorme e garanzie che non credo il nostro esecutivo sia in grado di ottenere. Così come sembrano essere le cose, io non firmerei. E l'idea che il rappresentante di uno Stato come è Musk si impadronisca di una realtà fondamentale di un altro Paese è un rischio enorme per la democrazia", ha aggiunto Prodi.
Roma, 8 gen (Adnkronos) - "Su Belloni, posso dire che è proprio brava, una servitrice dello Stato leale nei confronti del Paese e con capacità personali. Non ho la minima idea se verrà eventualmente coinvolta nelle istituzioni europee. Lei ha detto di no, ma queste cose devono maturare nel tempo. Ha le energie e le capacità, vedremo". Lo ha detto Romano Prodi a Otto e mezzo, su La7.
Roma, 8 gen (Adnkronos) - "Esprimo la mia felicità vera per il ritorno di Sala, la stessa che ho provato quando liberammo il giornalista di Repubblica Daniele Mastrogiacomo in condizioni analoghe". Lo ha detto Romano Prodi a Otto e mezzo, su La7.
"Queste contrattazioni sono sempre molto complesse. Certamente c'è stato da Trump una specie di permesso o di tacito consenso. A differenza della mia esperienza, noi gioimmo tutti insieme, col ministro degli Esteri, il governo e anche i servizi. C'era anche la dottoressa Belloni, che aveva organizzato la liberazione; oggi è sembrato un evento molto solitario, solo della Meloni", ha aggiunto Prodi.