Stazionetoledo-napoliInizia nella splendida stazione della metropolitana “Toledo” la bella puntata della trasmissione Ulisse del 10 maggio 2015, dedicata per intero al fascino di Napoli. Quella stazione della metropolitana è stata riconosciuta come una delle più belle d’Europa. Anzi, per il sito del Daily Telegraph, e anche della Cnn, sarebbe la più bella. La città, incastonata in un golfo meraviglioso, con 3 millenni di storia alle spalle, affonda le proprie origini nel mito della sirena Partenope, che si sarebbe rifugiata proprio sul bell’isolotto dove sorge l’imponente Castel dell’Ovo.

È vero che le sedimentazioni infinite della storia della capitale del Sud continentale non possono essere contenute nello spazio angusto delle pagine di un libro o nelle riprese di una trasmissione televisiva. Tuttavia, al di là delle innegabili contraddizioni che tuttora attraversano la città, è stato gradevole poter ripercorrere in un bel viaggio televisivo il percorso della bellezza attraverso i mille volti della città partenopea. In prima serata. Va dato atto alla bella trasmissione, condotta da Alberto Angela, di aver saputo dare un giusto risalto a una parte significativa dei tesori che fanno di Napoli una città meravigliosa. A partire dal Teatro San Carlo, gioiello rosso-oro, patrimonio Unesco, posto sul tetto del mondo delle Opera Houses dal National Geographic.

Quasi commonente sentir parlare di Napoli, in prima serata, in Rai, citando il meraviglioso Cristo Velato di Giuseppe Sanmartino, che porta agli occhi i sentori e i presagi del divino scolpito nel marmo. Fino a lasciar supporre che tanta realistica trasparenza del velo fosse frutto di occulte alchimie, piuttosto che di indefinibile maestria scultorea. Forse non tutti sanno che si tratta di uno dei musei più visitati al mondo. Non a caso, disse di Napoli la scrittrice Elsa Morante: “Grande civiltà di Napoli: la città più civile del mondo. La vera regina delle città, la più signorile, la più nobile. La sola vera metropoli italiana”.

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La trasmissione ha citato più volte il grande spirito di solidarietà che albergava nel tunnel borbonico quando migliaia di napoletani si rifugiavano nelle viscere materne della città durante i bombardamenti della II Guerra mondiale, annunciati dal canto di ben altre sirene.

E ascoltare nelle parole degli indimenticati Troisi, Totò e De Filippo, quel dialetto ricco di sonorità, che si confonde col canto. Pregno delle sedimentazioni plurisecolari delle popolazioni che si sono avvicendate su questa terra ricca e generosa. La gastronomia ricca e multicolore che si identifica con l’italianità nel mondo. Il rito del caffè sospeso. La scala del Palazzo Reale, definita “la più bella del mondo” da Montesquieu.

O l’eccellenza della cantieristica navale napoletana nell’Ottocento. Come l’avanguardia scientifica della scuola medica borbonica, prima in Europa a far uso dell’anestesia. Grandi nomi come Cardarelli, Cotugno, fino a Moscati. Primati veri, non improvvisati come quelli raccontati su molti libri di storia, per derubricare ad aspetti aneddotici ed effimeri la grande crescita della capitale partenopea verificatasi a seguito del grande impulso culturale ricevuto sul finire del Settecento.

È la città di Gaetano Filangieri, che sempre sul finire di quel secolo intratteneva un rapporto epistolare con Benjamin Franklin, che fu tra i redattori della Costituzione americana. Tra il 1781 e il 1788 si resero possibili quelle contaminazioni di pensiero che lasciano cogliere l’influenza dell’illuminista napoletano nei passi in cui si tratta “dei diritti dell’accusato”.

È ancora la città del folklore popolare e del canto, ma anche degli affascinanti misteri. Come quello scolpito nel bugnato a tetraedri della facciata del Gesù Nuovo, la chiesa dove operò il Medico Santo: Giuseppe Moscati. Proprio di fronte al luogo dove si può vedere il tesoro maiolicato del chiostro di Santa Chiara. Forse in pochi sanno che i blocchi piramidali che sporgono dal piano della facciata barocca recano scolpiti dei simboli, indecifrabili agli occhi del visitatore impreparato. Secondo alcuni studiosi si tratterebbe di lettere aramaiche che compongono una partitura musicale, secondo altri solo i simboli dei cavatori. Si tratta senza dubbio di una delle tante occasioni in cui un turista a Napoli si ritrova incantato a testa in su.

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Foto che evidenziano i segni sul bugnato della facciata del Gesù Nuovo

È la stessa città che poi fu degradata, per incapacità e incuria, nel suo terzo millennio di storia, al ruolo di capitale della monnezza e della criminalità. Fortunatamente, sono fatti in parte superati, brutte pagine di un glorioso album di famiglia. Fortunatamente, la trasmissione ha sorvolato su quelle pagine. E chissà se potrà almeno in parte scalfire la roccia ottusa dell’immaginario collettivo che abbina Napoli ai furti e ai borseggi quando in realtà la città, ormai, occupa solo il trentaseiesimo (36°, in cifre) posto nella classifica della criminalità in Italia del 2014.  Non così, nella graduatoria dei luoghi comuni.

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