Sabato non si giocherà la partita tra Brescia e Tavagnacco. La decisione è stata presa Assocalciatori e dall’Assoallenatori durante una riunione a Milano dopo le parole del presidente Lnd, che disse: "Basta dare soldi a queste quattro lesbiche". Ora il numero uno dei dilettanti valuta le dimissioni
Non si giocherà la finale di Coppa Italia femminile tra Brescia e Tavagnacco. Almeno fino a quando Felice Belloli rimarrà presidente dei Dilettanti, lega che gestisce anche il settore rosa del calcio italiano. La decisione è stata presa martedì mattina dall’Assocalciatori e dall’Assoallenatori durante una riunione a Milano ed è la diretta conseguenza dell’espressione usata da Belloli per dipingere le calciatrici italiane. “Basta dare soldi a queste quattro lesbiche”, aveva detto il presidente della Lnd durante la riunione del dipartimento femminile del 5 marzo. Una frase messa a verbale, poi pubblicato dal sito soccerlife.it negli scorsi giorni.
Scrivono in una nota Aic e Aiac che durante il faccia a faccia “le rappresentanze delle squadre di Serie A e B hanno manifestato la volontà di non giocare la finale di Coppa Italia in programma sabato prossimo”. La prima richiesta perché si possa scendere in campo è legata al passo indietro di Belloli, ma ora il calcio femminile mette sul tavolo altre richieste: “E’ giunto il momento, dopo 30 anni di inefficienza e immobilismo di dare autonomia al calcio femminile uscendo dalla Lega Nazionale Dilettanti – si legge nella nota diffusa – Ciò permetterebbe di gestire tutto il movimento dal vertice alla base attraverso una filiera unica”. E aggiungono anche un appunto alla Figc perché le coinvolga “in maniera attiva in questo processo di cambiamento”.
Brescia e Tavagnacco quindi incrociano le braccia e attendono una mossa di Belloli, che proprio in queste ore – secondo quanto appreso da ilfattoquotidiano.it – starebbe pensando a un passo indietro dopo la bufera sollevata dalla sua espressione. Negli scorsi giorni sia il presidente federale Carlo Tavecchio che il numero uno del Coni Giovanni Malagò fino alla star del tennis Martina Navratilova e ad alcuni giocatori come Manolo Gabbiadini (fratello della calciatrice Melania) gli avevano chiesto – più o meno duramente – di fare chiarezza o dimettersi. E domenica durante Verona–Empoli sono scese in campo anche le ragazze del Verona femminile, neo-campionesse d’Italia, per festeggiare lo scudetto. Alle loro spalle lo striscione che accompagnato tutte le partite del week end del calcio rosa – iniziate con 15 minuti di ritardo – per chiedere rispetto e parità di trattamento con il calcio maschile. Un terremoto che continua a correre anche sul web, dove una petizione per chiedere le dimissioni di Belloli, lanciata da pochi giorni, ha raccolto già più di 6mila firme.