Studiando la teoria su come si fa ricerca e selezione del personale, avevo appreso che uno dei momenti cardine di questo complesso processo è la gestione del colloquio con il candidato. L’intervista è uno degli strumenti chiave per capire se l’individuo che si ha davanti è:
Solo chi possiede queste tre caratteristiche può essere la persona giusta per lo specifico fabbisogno dell’azienda.
Il colloquio deve – secondo le teorie che ho studiato – essere attentamente preparato, proprio perché è fondamentale strumento di valutazione e selezione. Per questo è necessario che ci sia una chiara individuazione dei fabbisogni aziendali per il ruolo da coprire e relativamente a:
Contrariamente a quanto si potrebbe istintivamente pensare, tutti i profili richiedono delle competenze di tipo b). e c).
Sarebbe assolutamente fuorviante ipotizzare che per i ruoli più bassi sia necessario indagare solo sul possesso di competenze tecniche, senza aver alcun riguardo alla capacità del candidato di raggiungere degli obbiettivi, di rispettare l’organizzazione aziendale e di essere capace di coordinarsi con gli altri lavoratori.
L’intervista, se preparata, è il momento durante il quale si opera una sorta di matching tra i fabbisogni aziendali e le caratteristiche del candidato, che l’intervistatore deve far emergere.
Lo studio attento del Cv (per cogliere una prima serie di caratteristiche del candidato) e la preparazione di domande pertinenti con la ricerca sono due attività fondamentali.
Esistono, poi, una serie di domande da evitare perché riguardano:
(1) temi inopportuni o
(2) questioni inutili, cioè prive di capacità selettiva.
Al gruppo (1) appartengono le richieste che nulla hanno a che vedere con il ruolo e/o le attese dell’azienda e che spesso mascherano atteggiamenti discriminatori: si pensi ad interrogativi (espressamente vietati in paesi più civili) che alludono al genere o ai carichi familiari.
Nella categoria (2) rientrano le domande che non portano ad alcun risultato concreto, perché, ad esempio, le opzioni di risposta non lasciano al candidato una effettiva libertà di scelta e, quindi, la possibilità di dimostrare la sua capacità di problem solving.
Questo ciò che sta scritto nei libri.
Alla teoria si contrappone la dura realtà, cui ci riporta una discussione apparsa su Linkedin e relativa alla domanda più odiosa posta durante un colloquio di lavoro
L’Italia dimostra ancora tutto il suo atteggiamento retrogrado-sessista, visto che viene domandato ad una donna:
“pensa di avere figli nei prossimi 2 anni?“;
“pensa di sposarsi?”;
Richieste di questo tipo meriterebbero una segnalazione alla Consigliera di parità, cosicché il selezionatore impari la deontologia ed il rispetto per le norme.
Altre volte, scampato lo stereotipo di genere, vengono poste domande che conclamano l’impreparazione dell’intervistatore:
“Non crede di avere un curriculum troppo di livello per questo ruolo?”(mi hai chiamato tu a fare il colloquio; devo pensare che tu non mi abbia convocato a caso?)
Perché lei dovrebbe essere il candidato giusto per la posizione che cerchiamo? (ma se non lo sai tu che fai la selezione perché lo chiedi a me?);
Mi dica 3 difetti e 3 pregi della sua persona (ma come puoi pensare che sia sincero?)
Se lei fosse un animale, che animale sarebbe? (ma cosa c’entra con il lavoro che devo fare?);
Signora, ha tutto al posto giusto, gambe, braccia, testa? (non commento!);
Se l’assumo, superato il periodo di prova mi diventa un fannullone e non fa più niente? (certo che rispondo no, quindi non capisco lo scopo della domanda)
Dopo aver letto, mi sono depresso, soprattutto perché anni di lotte per la parità tra uomo e donna sono passati invano.