Nessuna autorizzazione dall’Antitrust. O, meglio, se via libera c’è stato (e c’è stato) era relativo esclusivamente ai diritti tv delle partite delle 12 squadre minori del campionato (il pacchetto D). Sui match delle big (i pacchetti A e B), invece, non era stato richiesto alcun parere. Ergo, occorre indagare. Da qui l’apertura dell’istruttoria (nei confronti di tutti i protagonisti della vicenda, quindi anche di Infront e Lega di Serie A), che mira a verificare se tra Mediaset e Sky c’è stato un accordo sottobanco per la spartizione delle gare più prestigiose del campionato. E’ questa la posizione assunta dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato in risposta a quanto comunicato ieri dall’Agcom (e da Mediaset), che aveva parlato di via libera da parte dell’Authority guidata da Pitruzzella in osservanza della legge Melandri. Una difesa d’ufficio, ma con un peso specifico importante. Per replicare ad un’accusa chiara e grave: aver dato il via libera ad un atto e poi, a un anno di distanza, aver deciso di indagare sullo stesso provvedimento. Una ricostruzione che non è andata già all’Antitrust, “alla cui attenzione – hanno fatto filtrare – non è mai stato portato alcun contratto o accordo intercorrente fra Sky e Mediaset”.
Secondo le stesse fonti che hanno fatto circolare la notizia, l’Antitrust “si è limitata a esprimersi, su un’istanza presentata dalla Lega Calcio” ai sensi del decreto Melandri, “sulla possibilità di consentire all’assegnatario del Pacchetto D (cioè Rti) di concedere in sub-licenza a Sky i diritti audiovisivi relativi al medesimo pacchetto”. Da qui la decisione dei commissari di Pitruzzella, i quali, “verificato che l’accoglimento dell’istanza si sarebbe tradotta nella visibilità di una parte degli eventi compresi nel pacchetto D su due piattaforme concorrenti” hanno concesso il lasciapassare alla deroga. In tale occasione, l’Autorità ha espressamente fatto salva la possibilità di un intervento ai sensi della legge n. 287/90 (ovvero le norme sulle intese, sull’abuso di posizione dominante e sulle operazioni di concentrazione), nonché degli artt. 101 e 102 del TFUE (alias il Trattato sul funzionamento dell’Unione europea).
All’Antitrust, quindi, non sarebbe mai stato chiesto un parere su eventuali accordi tra Sky e Mediaset riguardo alle partite dei club più prestigiosi del calcio italiano. Non la pensano così, ovviamente, né l’Agcom, né Mediaset, né tantomeno Sky. Che oggi, dopo il silenzio di ieri, ha deciso di parlare. “Non possiamo interpretare l’Antitrust – ha detto Andrea Zappia, amministratore delegato di Sky – L’Autorità, tuttavia, è stata molto chiara su quello che è stato il risultato dell’asta” delle stagioni 2015-2018. L’ad, poi, ha spiegato meglio le sue parole: “Sin dall’apertura delle buste le nostre offerte per i pacchetti A e B erano le migliori ai sensi delle regole del bando”. La Lega, però, ha deciso diversamente (consigliata dall’advisor Infront). “Noi eravamo contrari – ha continuato Zappia – perché per noi quella scelta era penalizzante“. Accordo tra le due aziende per spartirsi la torta? Per l’amministratore delegato di Sky le cose sono andate diversamente. “No. Abbiamo acquisito il pacchetto D con nun regolare contratto di sub-licenza approvato da Agcom e Antitrust”. Nessun accordo segreto sottobanco, quindi. Almeno sui diritti tv delle piccole. E su questo concordano tutti i protagonisti della vicenda. Per quanto accaduto circa le partite delle grandi, invece, c’è da indagare. Ed è quello che sta facendo l’Antitrust.