Esame in aula per lo scittore imputato a Torino di istigazione a delinquere per le frasi che giustificavano i "sabotaggi" in Val Susa. I pm: "Anche con cesoie e molotov?". La risposta: "Evidentemente no". Accusa e difesa duellano a colpi di interpretazioni linguistiche
Si analizzano le parole e il loro significato tenendo in mano fotocopie dei vocabolari. Ce le hanno i pm Andrea Padalino e Antonio Rinaudo, le ha Erri De Luca in una tasca. Il pubblico invece ha magliette nere con la scritta #iostoconerri. Più che un processo penale l’udienza per “istigazione al sabotaggio” contro lo scrittore sembra un dibattito tra linguisti e letterati. De Luca è imputato davanti al giudice Immacolata Iadeluca del tribunale di Torino per via di un’intervista rilasciata all’Huffington Post il 1° settembre 2013, quando disse che la Tav Torino-Lione “va sabotata. Ecco perché le cesoie servivano: sono utili a tagliare le reti”, affermava in merito all’arresto di due uomini diretti in Val Susa.
Subito il pm Rinaudo chiede il senso di “sabotaggio”: “Secondo il dizionario della lingua italiana ha numerosi significati – risponde l’imputato -. Il primo che risulta è danneggiamento materiale, gli altri significati coinvolgono il verbo intralciare, ostacolare e impedire. Quindi ritengo di aver detto che questa linea ad alta velocità andava impedita, ostacolata, intralciata e di fatto ostacolata”. Il pm domanda: “Tutto questo andava fatto con le cesoie e le molotov?” e l’autore ribatte: “Evidentemente no”. Non ha parlato di molotov, ma di cesoie che servono a tagliare reti poste illegalmente, secondo il movimento No Tav. “Lei ha detto che ha partecipato a sabotaggi. Può dirci quali?”, chiedono i pm. Dopo un tentennamento lo scrittore si ricorda: “Si è trattato del giorno del dicembre 2005, subito dopo l’aggressione ingiustificata al presidio di Venaus, avvenuta di notte – racconta -. Il giorno dopo sono andato in Val di Susa e ho partecipato a una manifestazione con una popolazione che bloccava la vallata”.
Ecco che cosa è per lui il sabotaggio. La sera prima si trovava a Torino per uno spettacolo con Gianmaria Testa (presente in aula tra il pubblico per portare sostegno al suo amico fraterno) ed era stato invitato a vedere il presidio di Venaus: “Era freddo in quel periodo di dicembre. I militanti cucinavano qualcosa e passavano la nottata. Erano soprattutto anziani, persone con più tempo che non dovevano andare a lavorare il giorno dopo”. Quella notte il presidio venne sgomberato: “Mi chiamarono la notte e il giorno dopo sono andato lì”. Da allora è molto vicino al movimento No Tav: “Mi hanno invitato diverse volte ad assemblee pubbliche e a fare concerti con Testa. L’ultima volta che sono andato era a Torino nel maggio 2014. Non ero invitato e ho voluto partecipare”.
Il suo avvocato Gianluca Vitale gli chiede se abbia mai percepito atti di violenza sulle persone o sulle cose: “Mai”. E che dire del rischio terrorismo, tra l’agosto e il settembre 2013, contesto in cui venne fatta l’intervista? “Non c’era nessuna ragione per parlare di terrorismo”. Tant’è che le accuse di terrorismo contro alcuni anarchici responsabili dell’attacco al cantiere di Chiomonte nel maggio 2013 sono cadute: “Il seguito di quella storia ha dimostrato che non c’entrava niente quell’aggravante”. Nega pure che lui sia capace di spingere qualcuno a commettere atti violenti: “Non mi è stata mai riconosciuta questa capacità di istigazione. Posso istigare alla lettura o al massimo alla scrittura”.
L’udienza si scalda quando prende la parola Alberto Mittone, avvocato della parte civile Lyon-Turin Ferroviaire, società che ha denunciato Erri De Luca. Il legale intavola uno scambio acceso di opinioni. “È vero o no che lei ha querelato un consigliere per diffamazione, Silvio Viale?”, dice consegnando al giudice Immacolata Iadeluca la stampa di un articolo de ilfattoquotidiano.it. De Luca spiega: “C’è stato un tweet di Silvio Viale, c’era una foto di un’auto incendiata e il commento era ‘Ecco il sabataggio di Erri De Luca’. Lo reputo diffamatorio, non ha nulla a che vedere con la libertà di parola, attribuire a una persona dei fatti falsi e gravi sapendo che siano falsi e gravi”. Il legale della società chiede: “Quindi ammette che ci sono dei limiti alla parola”. Lo scrittore risponde: “Quelli del codice penale”.