La bomba a orologeria sta per esplodere. Il 16 giugno nelle tasche dei contribuenti si abbatterà il triplo prelievo fiscale delle tasse sulla casa senza grandi certezze sulle aliquote, sui bollettini precompilati e sulle detrazioni da applicare. Vanno, infatti, pagati insieme gli acconti di Imu, Tasi e Tari. Cioè le tre parti che compongono la Iuc (Imposta unica comunale): l’imposta municipale unica per le seconde case, il tributo sui servizi indivisibili, come l’illuminazione, l’anagrafe, la manutenzione delle strade o dei giardini, che da due anni sostituisce proprio l’Imu sulle abitazioni principali (avendo inglobato l’Ici), e infine la tariffa sui rifiuti. La cui scadenza, però, può variare da Comune a Comune con modalità diverse di pagamento. A Reggio Calabria, per esempio, si versa in cinque rate mensili, mentre a Milano scade il 16 settembre 2015.

Un rebus, insomma, che metterà nuovamente in difficoltà gli oltre 15 milioni di italiani alle prese con l’appuntamento dei tributi locali. Come se non fosse stato già abbastanza affrontare i tumultuosi cambiamenti legislativi e il caos fiscale dello scorso anno, quando la Tasi ha fatto il suo debutto tra migliaia di delibere, slittamenti nelle scadenze e numerose circolari con i chiarimenti da parte dell’Agenzia delle Entrate. Con una novità importante, confermata anche quest’anno: al contrario dell’Imu che va pagata solo dal proprietario, una quota della Tasi (tra il 10 e il 30%) deve essere versata anche dall’inquilino.

Altro che 2015 anno della local tax, nel nome della semplificazione per i contribuenti e della revisione delle imposte sulla casa (la tassa unica avrebbe dovuto assorbire il 65% delle entrate tributarie comunali). La rivoluzione è rinviata al 2016 e per ora si ripropone come sempre il groviglio di aliquote: poco più di 100mila per la Tasi, circa 200mila contando anche l’Imu che si versa sugli immobili diversi dall’abitazione principale. I contribuenti alle prese con Imu e Tasi non saranno neanche in grado di sapere, al momento del versamento dell’acconto, quanto pagheranno poi a saldo. Questo perché dopo un lungo negoziato tra governo e Anci – sul quale ha influito non poco la tornata elettorale che andrà in scena il 31 maggio in un migliaio di Comuni – il termine per l’approvazione dei bilanci preventivi è slittato dal 23 maggio al 30 luglio.

Cosa comporta aver concesso più tempo ai sindaci per fargli quadrare i conti? I proprietari di casa dovranno pagare l’acconto Imu e Tasi sulla base delle aliquote e delle detrazioni stabilite dal Comune per il 2014 (aliquota base all’1 per mille e massima al 2,5 per mille e possibilità per i Comuni di introdurre un’eventuale maggiorazione fino ad un massimo dello 0,8 per mille). Poi, solo dopo il 28 ottobre 2015, quando tutte le delibere comunali verranno pubblicate sul sito del ministero dell’Economia, sarà possibile conoscere i valori stabiliti per quest’anno. E, nel saldo del 16 dicembre, portare così a conguaglio l’eventuale differenza. Con un sospetto: probabilmente si dovrà versare di più, visto che i Comuni tenderanno ad aumentare le aliquote. Del resto le poche amministrazioni comunali che hanno già deliberato, come Arezzo, Bologna, Livorno, Modena, Potenza, Rimini e Treviso, hanno deciso di aumentare il peso delle tasse sugli immobili.

Oltre a quanto pagare, c’è un altro problema caratterizza la scadenza del 16 giugno: la modalità di versamento. I contribuenti non si illudano di ricevere direttamente a casa il bollettino precompilato. Questa chance, inserita nella legge di Stabilità approvata dal governo Letta, è infatti sfumata. Nel testo era previsto che dal 2015 scattasse “l’invio di modelli di pagamento preventivamente compilati da parte degli enti impositori”. Norma, però, rimandata a un successivo decreto ministeriale che ha imposto ai Comuni solo “la massima semplificazione degli adempimenti, rendendo disponibili i modelli di pagamento preventivamente compilati su loro richiesta, ovvero procedendo autonomamente all’invio degli stessi modelli”. La traduzione? L’Ifel, fondazione dell’Anci, ha spiegato chiaramente che se il contribuente non lo chiederà, il Comune non è obbligato a spedire il bollettino a casa. E del resto questo “obbligo è nella pratica inattuabile, perché non esiste l’esatta conoscenza dei soggetti passivi ed è incompatibile con la data di pagamento dell’acconto, fissato dalla legge al 30 giugno dell’anno successivo a quello di riferimento”.

Altro punto dolente per i contribuenti è rappresentato dalle detrazioni previste dai singoli Comuni per il calcolo delle Tasi: anche se nella rata di giugno vanno applicate, potrebbe però esserci il rischio che saltino nel saldo di dicembre. Il governo, infatti, non ha ancora trovato 625 milioni per riattivare il fondo messo a disposizione nel 2014 a 1.800 Comuni che con il passaggio dall’Imu alla Tasi, incassando di meno, non avrebbero risorse per garantire gli sconti sulla prima casa. Tutta colpa del caos pensioni che nelle ultime due settimane ha impegnato il governo a reperire i soldi per rimborsare una parte dei titolari di assegni previdenziali tralasciando la questione detrazioni, uscita anche dall’agenda dell’ultimo Consiglio dei ministri. Nel caso in cui il fondo non fosse rifinanziato, non solo i contribuenti dei Comuni coinvolti si vedrebbero richiedere i soldi a fine anno, ma pagherebbero anche un bollettino più salato.

Del resto l’unica certezza emersa fin qui sulle tasse locali è che si tratta di una stangata. Secondo Confedilizia, infatti, con il passaggio dall’Ici al tandem Imu-Tasi le imposte versate sugli immobili sono triplicate passando da 9,2 miliardi di euro a 25 miliardi del 2014.

Sul fronte Imu, infine, va ricordato che all’appuntamento del 16 giugno sono chiamati anche i proprietari dei terreni agricoli che, sulla base delle disposizioni di legge entrate in vigore nel marzo scorso, saranno esentati solo nel caso in cui i terreni si trovino nei 1.446 Comuni classificati come totalmente montani. L’Imu sui terreni in collina, invece, non va pagata solo dai coltivatori diretti o dagli imprenditori agricoli.

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