La legge elettorale calabrese è stata emanata da un Consiglio regionale in prorogatio. Per questo motivo non è escluso che, in Calabria, le ultime elezioni regionali siano nulle. A sei mesi dalla vittoria del Partito Democratico e del centrosinistra, a mettere a rischio la validità delle elezioni del novembre scorso è la sentenza numero 81 della Corte Costituzionale, depositata il 15 maggio. In particolare, si tratta di una sentenza sulle “norme per l’assegnazione e la gestione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica”. Norme che erano state emanate dal consiglio regionale dell’Abruzzo e impugnate dalla presidenza del consiglio dei ministri perché quella legge era stata approvata dopo la scadenza della legislatura regionale. In sostanza nello stesso regime di prorogatio in cui si trovava, nell’estate del 2014, il consiglio regionale della Calabria, dopo le dimissioni dell’ex governatore Giuseppe Scopelliti seguite alla condanna a sei anni per abuso d’ufficio.

Con la recente sentenza, la Consulta ha stabilito che tutte le leggi approvate, che esorbitano dai limiti dell’“ordinaria amministrazione” o dalla categoria degli “atti urgenti dovuti”, sono nulle perché violano l’articolo 123 della Costituzione.
 In regime di prorogatio, infatti, secondo la Corte costituzionale “i consigli regionali dispongono di poteri attenuati, confacenti alla loro situazione di organi in scadenza” e “pertanto devono limitarsi al solo esercizio delle attribuzioni relative ad atti necessari e urgenti, dovuti o costituzionalmente indifferibili. Devono comunque astenersi, al fine di assicurare una competizione libera e trasparente da ogni intervento legislativo che possa essere interpretato come una forma di captatio benevolentiae nei confronti degli elettori”.

Detto questo, in Calabria si è accesa la polemica dopo la sentenza della Consulta. C’è chi, come il Movimento Cinque Stelle è convinto che i calabresi debbano tornare al più presto alle urne: “Chiediamo – dice la parlamentare Dalila Nesci – che il governo si pronunci subito sulla questione aperta dalla Consulta con la sua sentenza. Sulla base dei chiarimenti forniti dalla Corte costituzionale il ritorno al voto in Calabria è probabile e, a mio parere, doveroso”. Secondo la deputata grillina, quella legge elettorale “fu fatta apposta per escludere il M5s dal consiglio regionale e costruire alleanze tra i vecchi potenti”.

Non la pensa così il segretario regionale del Pd Ernesto Magorno, anche lui deputato, secondo cui “è quanto mai opportuno, in questo momento, rasserenare i calabresi sulle notizie che si susseguono, in queste ultime ore, su di un possibile annullamento delle elezioni regionali. Nel pieno rispetto di ogni valutazione, e con la massima apertura all’ascolto e al confronto, ritengo che questa ipotesi non sia effettivamente possibile. Quella sentenza attiene al consiglio regionale dell’Abruzzo e non vi è alcuna analogia con la vicenda riguardante la Calabria, per il ricorso presentato da Wanda Ferro contro la cancellazione dell’assegnazione automatica del seggio di consigliere regionale al candidato presidente ‘miglior perdente’”.

Già, perché la nuova legge elettorale calabrese ha lasciato fuori da Palazzo Campanella la candidata di Forza Italia Wanda Ferro, nonostante quest’ultima abbia guidato la coalizione di centrodestra (escluso Ncd) arrivata seconda dopo Oliverio. Lei ha presentato ricorso sul quale la Consulta deve ancora pronunciarsi. A proposito, nel tentativo di allontanare lo spettro delle elezioni, Magorno invita i calabresi a stare tranquilli perché “su questa specifica controversia (il ricorso della Ferro, ndr) è stato il Tar Calabria e non il governo nazionale a richiedere il pronunciamento della Corte Costituzionale”. Il governo, nel frattempo, tace.

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