Cucina

Salento, ecco il primo vino democratico: prezzo calmierato, parte dell’incasso alle onlus

Si chiama Qu.Ale ed è prodotto in provincia di Taranto: 5 euro in cantina, massimo 10 in enoteca. E il 5% di quanto speso va automaticamente a una delle quattro onlus scelte da chi lo ha inventato

di Andrea Tundo

Dal lago di Como al ramo di un vigneto autoctono nel Mezzogiorno, passando per Philadelphia e gli studi all’università Bocconi. Fino al Sud America, l’altra parte del mondo. Alessandra Quarta ha già conosciuto parecchi luoghi e lingue, nonostante i suoi 25 anni. Nata a Lecce, cresciuta in Lombardia e trasferitasi negli Stati Uniti, dopo esperienze all’Unesco e con l’Inter-American Development Bank ha scelto la terra rossa del Salento e le vigne come strada di vita. Si è data un imperativo: sostenibilità. Ha deciso di produrre una bottiglia tutta sua all’interno della cantina di papà Claudio, ex manager Lepetit e Biosearch che ha abbandonato la finanza per lavorare tra masserie, campi e botti. Il suo vino non è solo uva. Si chiama Qu.Ale, dove le sue iniziali sono solo un vezzo e la sintesi principale è un’altra: “Quale responsabilità per chi vuole fare impresa nel rispetto della terra e dell’uomo?”.

Dentro un interrogativo enorme, Alessandra Quarta ha trovato i suoi punti cardine facendone un manifesto per una ‘Democrazia del vino’, come la chiama lei. Sono sei articoli dove ricorrono le parole “qualità”, “prezzo giusto”, “corretto smaltimento e riuso”, “preservare la terra” e “vino rosso”. Rosso come Qu.Ale, che nasce da uve salentine coltivate a Lizzano, in provincia di Taranto. “Una bottiglia in cantina costa cinque euro e chiedo ai distributori di non venderla al consumatore a più di 10 euro – spiega – perché questo mi sembra un prezzo giusto per bere un buon vino di qualità”. Imbottigliato ed etichettato solo con materiali eco-compatibili, Qu.Ale ha anche una finalità sociale. Chi lo acquista devolve automaticamente il 5% della spesa a una onlus tra quelle scelte da Alessandra. “Su ogni bottiglia c’è un codice unico. Il consumatore può inserirlo sul sito scegliendo a chi destinare una parte della sua spesa”. A beneficiare delle donazioni saranno quattro progetti legati all’inclusione sociale, alla tutela dell’ambiente, all’accesso all’acqua e alla salute infantile. Si tratta di Made in carcere, che produce abbigliamento nei penitenziari fornendo un percorso formativo alle detenute; Salina Monaci, una riserva naturale sul litorale tarantino attiva nella valorizzazione del patrimonio paesaggistico e nella salvaguardia delle specie animali e vegetali; Amka Onlus che opera in Guatemala e nella Repubblica democratica del Congo per garantire sanità ed educazione di base ai bambini e Charity Water, impegnata nel garantire il diritto di accesso all’acqua potabile con oltre 10mila progetti in venti Paesi nel mondo.

E se qualcuno dovesse dimenticare di scegliere? “Distribuiremo la parte di donazioni non espresse in base alle percentuali di quelle espresse. Se una onlus ha ottenuto il 50 per cento di preferenze, riceverà la stessa percentuale delle donazioni per cui non è stata indicata una associazione. Del resto l’idea di Qu.Ale nasce con lo spirito di lanciare un input. Cinque anni fa il mio sogno era lavorare in una ong per mettere il mio tempo a disposizione di tutti – racconta Alessandra – Poi sono stata rapita dai campi e ho pensato che si potesse fare impresa pensando non solo all’azienda. Questo è solo un primo passo, spero che il messaggio del bere bene a un prezzo giusto venga apprezzato e che qualcuno ci segua su questa strada invertendo il trend di un settore che non riesce a disarticolare il legame ‘vino buono, costo alto’”. Perché nella sua ideale democrazia del vino, l’articolo 1 recita: “Ciascuno ha diritto di cittadinanza e merita di bere, a lungo e in maniera sana”. Un’utopia forse, che però fa bene al cuore. Come un buon bicchiere di vino rosso.

twitter: @andtundo

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