Il gigante e il bambino. Emblemi nazionalpopolari nella loro estrema diversità, Gérard Depardieu e Il Piccolo Principe approdano sulla Croisette, illuminando una Cannes agli sgoccioli del suo 68° Festival. L’uno protagonista insieme alla collega – altrettanto famosa – Isabelle Huppert del dramma Valley of Love di Guillaume Nicloux, l’altro quale titolo del film d’animazione ispirato al celeberrimo capolavoro d’Antoine de Saint-Exupéry.
In un film che racconta l’elaborazione del lutto da parte di una ex coppia per la perdita di un figlio suicida, era difficile non collegare l’argomento con la reale tragedia vissuta da Depardieu quando nel 2008 perse il figlio Guillaume di soli 37 anni. Un legame che ha indotto lo stesso regista Nicloux a pensare all’attore per affidargli la parte da protagonista. “Per me non è stato difficile interpretare questo ruolo – ribatte Depardieu – perché ero perfettamente in linea col pensiero di Nicloux: bisogna capire che quando recita un attore non necessariamente deve attingere dalla propria vita personale…”. Senza essere polemico, il grande interprete francese ha messo a tacere altre illazioni sul parallelismo tra le due tragedie. Accanto alla Huppert, Gérard (che mantiene il nome proprio anche nel personaggio, come Isabelle) è un attore in pensione che si ritrova nella Valle della Morte in USA con la ex moglie su volere del figlio che, prima di togliersi la vita, scrive una lettera a ciascun genitore con la richiesta che entrambi si ritrovino in un viaggio insieme negli States (dove egli risiedeva) seguendo specifiche tappe nel percorso. Il film mostra che il viaggio servirà più alla ex coppia che alla memoria del figliolo scomparso. Magistrali interpreti (in particolare Depardieu che potrebbe ambire al massimo premio) di un film purtroppo modesto, i due giganti del cinema francese non lavoravano insieme da 35 anni, ovvero da Loulou di Maurice Pialat.
Notoriamente minuto ma immenso per popolarità mondiale, anche il film d’animazione Il Piccolo Principe ha tenuto puntati i riflettori sul Red carpet, essendo uno degli appuntamenti più attesi di Cannes 2015. Diretto dall’americano Mark Osborne (il regista di Kung-fu Panda) elabora liberamente il “sacro testo” inserendolo in una cornice contemporanea dove protagonista è una bimba. Del romanzo di Saint-Exupéry pubblicato nel 1943 restano i “character” originali messi in movimento con la tecnica stop-motion: la lavorazione del film è durata parecchi anni per un budget di 57 milioni di euro. Per il regisa Osborne, il romanzo andava essenzialmente protetto. “Quando mi è stato proposto di girarlo ho rifiutato. Per me Il Piccolo Principe rappresentava un momento importante della vita e si legava a un regalo fattomi da una persona fondamentale per me 25 anni fa. È un’opera che per sua natura nasce da condividere con chi ami e io non volevo danneggiarne il ricordo. Poi ci ho ripensato e ho capito che l’unico modo per adattarlo sul grande schermo fosse attraverso un’altra storia da costruirvi attorno, che insomma lo contenesse per proteggerlo.
Lo scopo di questo film è doppio: da una parte dedicarlo a chi ama il libro, dall’altra indurre le nuove generazioni a leggerlo, quasi come un rito di iniziazione”. Con tutte le buone intenzioni di regista e produttore, ciò che si percepisce a visione effettuata di un film – comunque buono – è una mancanza della magia del testo originario: non ci si emoziona e non si vola mai laddove quel piccolo immenso racconto ha portato tutti noi. Perché forse è vero che l’essenziale è invisibile agli occhi, e anche a un certo tipo di cinema. Il Piccolo Principe uscirà in Italia a dicembre distribuito da Lucky Red e porterà nel suo testo doppiato alcune eccellenze recitative del nostro cinema: da Toni Servillo a Paola Cortellesi, da Micaela Ramazzotti ad Alessandro Gassmann e Giuseppe Battiston a cui si aggiungo PIF, Stefano Accorsi e Alessandro Siani.