“Non si sono accorti che a Roma, la mafia, s’era infiltrata negli uffici dell’amministrazione e ora notano invece che io per proteggermi porto la pistola? Ringrazio chi ha dato dettagli al cronista sulla mia sicurezza personale a chi mi ritiene scomodo”. È un lungo sfogo quello di Alfonso Sabella, neo commissario del municipio di Ostia, da poche settimane sciolto per infiltrazioni mafiose. Il “cacciatore di mafiosi”, che in Sicilia, quando era pm, ha arrestato tre quarti del gotha di Cosa nostra, da Giovanni Brusca a Leoluca Bagarella, oggi è temporaneamente prestato alla politica. La notizia della sua pistola, pubblicata dal Messaggero, lo ha ferito. “Ora – dice Sabella – per tutelarmi sono costretto a non programmare più i miei incontri e i sopralluoghi sul litorale. Dovrò improvvisare”. Sabella è il problem solver di Ignazio Marino: il sindaco di Roma, appena scoperta la mafia nella Capitale lo vuole assessore alla Legalità, affidandogli super poteri. Poi viene nominato commissario a Ostia, perché il municipio cade per infiltrazioni mafiose. Non appena arrivato sul litorale, s’è presentato con le ruspe per demolire i chioschi abusivi del tratto di Castelporziano, sta aprendo i varchi per permettere l’accesso dei cittadini alle spiagge. Ha spulciato centinaia di bandi affidati con procedure sospette, annullando tutto. “In venti giorni da commissario a Ostia – dice Sabella – tre dei miei più stretti collaboratori hanno subito aggressioni e intimidazioni”.
E il giorno in cui è stato notato con l’arma era un momento, a suo dire, particolarmente delicato: “Ero andato a effettuare un sopralluogo piuttosto pericoloso all’Idroscalo di Ostia. Sapevo di dovermi proteggere. Al rientro in Municipio, scendendo dall’auto, s’è intravista la mia pistola, che porto nella fondina alla cintola. È stata la prima e l’unica volta che entravo nel mio ufficio con un’arma”. Sabella ha diritto al porto d’armi in quanto magistrato e abitualmente non gira armato negli uffici comunali. Il Messaggero scrive che la Prefettura sta vagliando l’ipotesi di fornirgli una scorta ma Sabella – che riferisce di non aver ricevuto alcuna proposta – rifiuta categoricamente: “Ho avuto una scorta per 14 anni. Anni duri, in cui mi sono sentito uno schiavo”. E aggiunge: “Perché dovremmo spendere soldi se ritengo di potermi proteggere da solo? Perché dovrei mettere a repentaglio la vita di altre persone che sono costrette a seguirmi in ogni luogo? Conosco i rischi del mio mestiere e so bene quando chiedere aiuto”.